Leggendo le più disparate ipotesi e sulla origine e sullo sviluppo urbano dei nostri centri in particolare nella descrizione di quella cellula tanto acclamata da tutti la Gjitonia, ha fatto nascere in me la necessità di esprimere un parere, prendendo spunto da annotazioni di Carlo Maria Occaso che così descriveva gli Albanesi della Calabria del Nord:
. Non conoscevano differenze di ceti e tutti raccolti in tuguri di paglia esercitavano la pastorizia.
Ben
tosto si diedero al ladroneggio e, disertando le campagne e aggredendo
le persone, si resero un vero flagello, talchè si vide il bisogno di
implorare soccorso dalle autorità superiori.
Infatti nel 1509 la città di Cosenza scrisse ad Ugo Moncada, governatore della Calabria e luogotenente del re Cattolico, una lettera dal tono seguente:
"Li albanesi greci et schiavoni quali habitano per li burghi, casali et lochi aperti del regno fanno molti furti e arrobi V.S.I. provveda, che tutti intrino ad habitare dentro le terre murate e per nullo tempo possano habitare fora d'esse terre".
L'amministrazione vicereale fu durissima, impedendo agli albanesi di fare vita nomade, per reprimere il brigantaggio da questi praticato, nel 1564 decretò che alcun albanese potesse andar a cavallo, nè che potesse portare armi, pena cinque anni di galera .
Queste misure da un lato arginarono i fenomeni di brigantaggio, di cui si erano resi colpevoli gli albanesi, dall'altro li rese più legati al loro modo di vivere senza influenze esterne.
Continuando nella ricerca, Angelo Masci nel suo “Discorso sugli Albanesi” nel 1807 cosi scrive:
Non che ponessero in libri alcuna legge, ma ad imitazione di Licurgo piantavano gli statuti ne' costumi e nella disciplina per l'eternità.
Essi nelle chiese su' cui altari i più distinti impressero i loro stemmi, separarono per ogni famiglia i luoghi, e i sepolcrii e come nella patria antica qui ancora si reputo degradato chi avesse contratte nozze co' forestieri.
Le nostre popolazioni, perché ristrette in piccoli paesi , si mantengono vergini e siccome le diverse classi non si sono disgiunte tra loro, le ultime partecipano della cultura delle prime, e l'educazione particolare e privata diviene pubblica, e comune.
Interpretando gli scritti sopra citati si deduce che la gjitonia è un fenomeno che aggrega senza differenza di ceti e che il manufatto in muratura diventa elemento caratterizzante nell’attimo in cui gli esuli albanesi si stabilizzano in siti strategicamente idonei alla loro difesa e sopravivenza, ponendo fine alla loro vita da nomadi.
Pertanto sarebbe necessario fornire alla Gjitonia una più chiara e logica connotazione nei centri Arbereshe.
Infatti nel 1509 la città di Cosenza scrisse ad Ugo Moncada, governatore della Calabria e luogotenente del re Cattolico, una lettera dal tono seguente:
"Li albanesi greci et schiavoni quali habitano per li burghi, casali et lochi aperti del regno fanno molti furti e arrobi V.S.I. provveda, che tutti intrino ad habitare dentro le terre murate e per nullo tempo possano habitare fora d'esse terre".
L'amministrazione vicereale fu durissima, impedendo agli albanesi di fare vita nomade, per reprimere il brigantaggio da questi praticato, nel 1564 decretò che alcun albanese potesse andar a cavallo, nè che potesse portare armi, pena cinque anni di galera .
Queste misure da un lato arginarono i fenomeni di brigantaggio, di cui si erano resi colpevoli gli albanesi, dall'altro li rese più legati al loro modo di vivere senza influenze esterne.
Continuando nella ricerca, Angelo Masci nel suo “Discorso sugli Albanesi” nel 1807 cosi scrive:
Non che ponessero in libri alcuna legge, ma ad imitazione di Licurgo piantavano gli statuti ne' costumi e nella disciplina per l'eternità.
Essi nelle chiese su' cui altari i più distinti impressero i loro stemmi, separarono per ogni famiglia i luoghi, e i sepolcrii e come nella patria antica qui ancora si reputo degradato chi avesse contratte nozze co' forestieri.
Le nostre popolazioni, perché ristrette in piccoli paesi , si mantengono vergini e siccome le diverse classi non si sono disgiunte tra loro, le ultime partecipano della cultura delle prime, e l'educazione particolare e privata diviene pubblica, e comune.
Interpretando gli scritti sopra citati si deduce che la gjitonia è un fenomeno che aggrega senza differenza di ceti e che il manufatto in muratura diventa elemento caratterizzante nell’attimo in cui gli esuli albanesi si stabilizzano in siti strategicamente idonei alla loro difesa e sopravivenza, ponendo fine alla loro vita da nomadi.
Pertanto sarebbe necessario fornire alla Gjitonia una più chiara e logica connotazione nei centri Arbereshe.