Ogni cosa va studiata in modo da poterne conoscere i meccanismi prima di modificarla o ripristinarla.
Operare nei centri storici Arbereshe richiede sensibilità, preparazione storica oltre a tantissimo buonsenso.
. Gli edifici venivano realizzati con materiali, che per motivi
logistico-economici, provenivano da siti posti sempre a breve distanza
dai fabbricati in fase di realizzazione.
Pietre di fiume e di cava, mattoni per la listatura dei paramenti
murari e le malte che fungevano da legante contenevano i pigmenti
tipici dei luoghi ove si edificava.
Un particolare effetto si
manifestava nei mattoni e nei coppi, la cui realizzazione assolutamente
manuale, rendeva l’elemento modulare facilmente attaccabile dal
muschio; che nel periodo invernale assumeva la tipica colorazione
verde, la quale accostata alle terre rosse dei manufatti in cotto si
amalgamava con la vegetazione che circondava i nostri centri Arbereshe;
invece nei periodi estivi il muschio esposto al sole si essiccava e
assumeva una colorazione grigio chiaro invertendo il processo con
l’ambiente circostante; rendendo il paesaggio armonioso, in un delicato
connubio nel rapporto tra ambiente costruito e ambiente naturale.
Gli
edifici nobiliari soprattutto quelli realizzati dopo il 1800,
mantengono le stesse caratteristiche nelle coperture, mentre i
paramenti verticali più solidi dei precedenti sono anche intonacati.
I
paramenti esterni realizzati con malte di calce e sabbia di torrente
assumono una lieve colorazione beige; mentre rifiniture quali
cornicioni e paraste sono definite con malta di calce, sabbia e polvere
di marmo, in modo che l’impasto derivante sia più plastico essere
lavorato meglio; il risultato di tale tecnica si può ancora appezzare
nella facciata di Palazzo Toscano, lato Via Ascensione in S. Sofia
D’Epiro, che nella parte bassa del cornicione conserva ancora molto
chiaramente fini decori in rilievo.
Piedritti e archi di
pietra arricchiscono in questo periodo molti ingressi di palazzi
nobiliari e abitazioni di media borghesia, proporzionati con le
facciate che li contenevano e i varchi in essi descritti,
caratterizzando così un preciso periodo storico.
Le
premesse su riportate aiutano a focalizzare l’attenzione sul rapporto
che sino a pochi decenni fa esisteva tra ambiente naturale e ambiente
costruito, tanto che se si osservavano gli agglomerati urbani a
distanza si faticava a identificarli nel contesto in cui erano
collocati.
Attualmente colorazioni che vanno dal giallo canarino al rosso pompeiano per continuare col rosa candido e finire al verde pisello,
hanno invaso i nostri centri Arbareshe; una tavolozza di colori
innaturali che consente di riconoscere anche a grande distanza la
posizione degli agglomerati urbani.
Visitando le vie
dei centri storici si è continuamente disturbati da cromatismi
bizzarri, portali di pietra e di marmo senza nessuna regola
architettonica definiscono porte, finestre e ingressi di vario genere;
balaustre di ferro, legno, alluminio e cemento, perimetrano terrazzi e
balconi; l’apice del cattivo gusto si raggiunge nell’utilizzo di
infissi per porte e finestre, portoni e accessi di vario tipo.
A
tal proposito suggerirei un esercizio molto semplice che ognuno di noi
può mettere in atto: esso consiste nell’assentarsi per un breve periodo
dal proprio paese (più il tempo è lungo più l’esercizio è attendibile),
al ritorno se percorrendo le vie del centro, avvertite un senso di
disagio, allora siete abbastanza sensibili e pronti per far cambiare lo
stato delle cose; se invece il percorso vi lascia indifferente e vi
sentite a vostro agio in quel contesto, la risposta è semplice, siete
legati con un filo stretto alla perdita di identità vostra e del vostro
paese.
Atanasio arch. Pizzi