Con "Salvatore Cortese un antifascista arbëresh di Lungro", pubblicato per i tipi della Masino Editore di Lungro (Collana gli uomini e la storia), con il patrocinio dell'Amministrazione Provinciale e dell'I.C.S.A.I.C. (Istituto Calabrese per la Storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea) di Cosenza, Domenico Cortese, insegnante e studioso di uomini e vicende arbëreshe, non ha solo scritto un'avvincente storia densa di vicende umane e politiche ma ha ricostruito i tratti biografici di una figura di spicco dell'antifascismo calabrese che con la propria azione quotidiana di lotta in difesa della dignità umana di ogni individuo e di  ricerca continua della libertà, si colloca alla stregua dei maggiori esponenti del movimento antifascista nazionale. 
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Nato a Lungro nel 1899, secondo genito di Domenico, agricoltore e Teresa Maria De Marco, Salvatore cresce in una contesto sociale caratterizzano da movimenti operai sfociati in numerosi scioperi dai chiari connotati di classe. La presenza della miniera di salgemma e i movimenti operai all'interno di essa, gli ideali socialisti che hanno permeano la formazione culturale di Salvatore, allievo dell'illustre pedagogista lungrese Camillo Vaccaro, hanno delineano la sua fede comunista prima e anarchica in seguito.

L'assidua lettura del Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, associata alla rivoluzione proletaria russa, rafforza in lui il concetto di pari dignità e giustizia a tutti. Dopo la scissione di Livorno del 1921 aderisce al Partito Comunista italiano fondato dall'arbëresh Antonio Gramsci insieme ad Amedeo Bordiga. 

Con l'avvento del fascismo in Italia e in seguito alla morte del padre Domenico, Salvatore emigra in Argentina a Buenos Aires dove trova lavoro nelle ferrovie. Nella capitale argentina prende contatti con i circoli comunisti e comincia a studiare da autodidatta. Legge e diffonde giornali di propaganda comunista e antifascista che spedisce anche a Lungro per diffondere le idee dell'internazionale a illustri lungresi che nella prima metà del XX secolo, hanno alimentato la propaganda antifascita in paese come Domenico Todaro (Miku Virdakut), Ferdinando Manes, Angelo Stratigò, Giosafatte Laurito, P.S. Samengo e Diodato Trifilio.

Illuminato dalla rivoluzione di ottobre, con la morte di Lenin e l'avvento di Stalin nel 1924, Salvatore Cortese abbandona il pensiero comunista per "quegli aspetti di autoritarismo creatisi" e si avvicina al pensiero anarchico di Kropotkin che postulava "come il comunismo e l'abolizione dello Stato potevano svilupparsi gradualmente attraverso lo sviluppo di una società di mutuo soccorso".         

In Sudamerica il rivoluzionario lungrese studia e si forma collaborando con riviste come  "l'Allarme" diretta da Aldo Aguzzi, pubblicata a Buones Aires tra il 1928  il 1929; "Eresia" giornale diretto da Enrico Arrigoni e pubblicato a New York dal 1928 al 1932; "Studi Sociali" periodico-quindicinale diretto da Luigi Fabbri e pubblicato a Montevideo e Buenos Aires dal 1930 al 1935. Schedato come uno dei soggetti rivoluzionari più pericolosi e violenti, Salvatore Cortese anche in Argentina si distingue per la sua azione rivoluzionaria mai violenta e sempre rispettosa del pensiero altrui. "L'anarchismo - scrive - essendo un ideale umano, non può e non deve fare scempio della vita altrui e tanto meno deve fare uso della violenza in modo sordido, pretendendo di riparare un'ingiustizia col commetterne un'altra equivalente o superiore".

Oltre ai direttori dei giornali con cui collabora Salvatore Cortese conosce e frequenta Giacomo Barca, Lino Barbetti, Luce Fabbri, Salvatore ed Ermacora Cressati. Per la sua attività eversiva nel 1930 viene rinchiuso nelle carceri di Villa Devoto dove conosce Benito Sak. Dopo la caduta del regime di Uriburu, pochi giorni prima di dare le consegne al neo presidente Augustin Pedro Justo,  il dittatore ordina il rimpatrio per Salvatore e per altre 150 persone ritenute pericolosi esponenti anarchici. La nave dei deportati "argentini" arriva a Napoli alla fine di marzo 1932. Cortese, in attesa di giudizio, viene rinchiuso nelle carceri di Cosenza e pochi mesi dopo, per l'anarchico lungrese viene disposto il confino all'isola di Ponza dove ritrova i suoi vecchi amici argentini e conosce Sandro Pertini ed Alfonso Failla.  Nel febbraio del 1937 finisce il periodo di confino e Salvatore  rientra a Lungro dove ritorna alla sua vecchia attività di coltivatore sotto la stretta vigilanza della forze dell'ordine. A Lungro riallaccia i contatti con gli antifascisti del paese e partecipa  assiduamente al movimento antifascista della comunità. Muore prematuramente il 27 luglio 1951.

Giuseppe Masi direttore dell'ICSAIC nella prefazione al libro cosi scrive "Se è vero che il futuro di un paese nasce dalla storia e non attraverso la cancellazione del passato, la figura di Salvatore, cosi come la possiamo apprezzare attraverso queste pagine o attraverso la lettura dei suoi scritti, non può essere dimenticata, ma annoverata nella cerchia di tutti quelli che non si sono piegati, di tutti quelli che hanno dato un tributo alla caduta della dittatura, pur pagando con il confino e con il carcere" .

Una vita segnata da un'intensa attività rivoluzionaria quella di Salvatore Cortese che il figlio Domenico è riuscito a ricucire con minuziosa puntualità ed equilibrio, consegnando alla storia dell'antifascismo calabrese una figura cristallina, degna di essere considerata un punto di riferimento importante di un  movimento politico-culturale complesso e poco conosciuto. 

A Domenico Cortese e all'editore Masino di Lungro, che continua a promuovere autori e figure che hanno fatto la microstoria arbëresh, si deve la pubblicazione di un testo che ha ricostruito la biografia di un illustre lungrese. Il libro costituisce un valido strumento di conoscenza delle radici e degli uomini illustri dell'Arbëria, che stimola le nuove generazioni lungresi e arbëreshë, ad impadronirsi della storia indigena, ad approfondire le dinamiche storiche e politiche del passato  per proiettarsi con consapevolezza nel futuro.  

Nicola   Bavasso

 

  

Articolo pubblicato su "L'informatore" mensile di informazione  n. 6 - ottobre 2007

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