Il termine augurio contiene l’immagine di un personaggio sacrale degli antichi popoli italici e dei Romani: quella del sacerdote chiamato appunto ‘ àugure ’, che aveva il compito di predire l’esito di una impresa oppure di un’azione pubblica o privata e comunque di svelare il valore di un avvenimento. Quest’ultima considerazione è opportuna per il 50° anniversario del Circolo ‘G. Placco’ e della Rivista Katundi Ynë. L’augurio, quindi, oltre ad esprimere gioia, felicitazioni, celebrazione di una data che ha segnato la storia di Civita nell’ultimo mezzo secolo, incarna anche un atteggiamento di proiezione positiva verso il futuro, mantenendo anche connotazioni sentimentali e psicologiche personali ben precise.
Katundi Ynë non ha rappresentato solo la voce del Katund di Çifti, ma con i numerosi collaboratori, che nel tempo si sono succeduti e provenienti dal mondo arbëreshë ed albanofono ma non solo, ha rappresentato una voce plurale della nostra minoranza linguistica; minoranza che malgrado la stupida indifferenza statale e la pluridecennale ignoranza del ceto politico di governo, conduce una impari lotta per la sua sopravvivenza e continua ad esistere come una flebile ma tenace fiammella.
Katundi Ynë assieme a numerose riviste nate nel tempo e spentesi successivamente, malgrado tutto, resiste ed ha rappresentato quel fecondo humus della nostra cultura che è duro a morire. L’auspicio e la speranza è che nel tempo della disgregazione degli spazi politici, della caduta dei valori di solidarietà e di uguaglianza, sorgano dalla cultura arbëreshë persone che animate da tensione etica ed ideale alzino finalmente la testa e si impegnino fattivamente per la costruzione della Regione storica Arbëreshë - R.s.A., amministrativamente autonoma, che vada in soccorso dei valori dell’antica Arbëria e quindi per il proprio futuro e di tutte le minoranze linguistiche. E’giunto il momento in cui non è più consentito a nessuno di rimanere in silenzio.
La resistenza di Katundi Ynë è un esempio.
Giuseppe Chimisso a nome dell’Associazione Skanderbeg di Bologna