MostraIconeViaggio attraverso le icone: mostra di icone dell'Archimandrita Mario Pietro Tamburi. Lungro, 31 luglio ore 18:00. Chiusura 9 agosto 2015.

La prima realtà creata, secondo la Genesi, è la LUCE, “sia la LUCE”, che squarcia le tenebre esteriori e interiori. Il primo giorno è fondamento di tutto il creato. La luce è condizione indispensabile di ogni lavoro, di ogni distinzione, di ogni conoscenza dell’altro e di se stesso, di ogni vita. E’ sicurezza. Gesù dice:  “Io sono la luce”. La luce è buona e essenziale; spesse volte nella Divina Liturgia si invoca il Signore che dia la luce dell’intelligenza per comprendere il suo insegnamento di verità, da Lui annunziato.


Dopo la narrazione degli altri giorni, si arriva alla conclusione della creazione, piano organico e ordinato, il sesto giorno, momento più alto e solenne, il capolavoro di Dio: la creazione dell’uomo. Dio dice: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” e aggiunge: ”é molto buono - bello”. Per cui questi ha in sé una speciale dignità e condivide col creatore il dominio del creato. Infatti, l’immagine dell’essere umano indica le capacità intellettive, creative e affettive. Dà soprattutto il senso di libertà e di spiritualità. Alla bontà e alla bellezza si addice il silenzio, ma non si possono nascondere, si diffondono spontaneamente. L’idea della somiglianza, esprime, invece, che la vita dell’uomo non è statica, ma dinamica, un cammino di perfezione spirituale e sociale. Il progresso si vive e si nota giorno per giorno, pur con tante difficoltà e imperfezioni.
Infine, nel settimo giorno, segno di pienezza, Dio si riposò e contemplò il mondo da lui creato. Sembrava tutto compiuto, ma nello stesso tempo percepì “il non ancora”. Difatti, dice all’ uomo: “siate fecondi e moltiplicatevi e assoggettate la terra”, ecco perché l’uomo è simile a Dio.
L’intervento divino è continuato con l’Incarnazione di Gesù. Egli ha concluso tragicamente la sua vita terrena su una croce in cui Egli appare vincitore e, soprattutto, elargitore di vita con la sua gloriosa resurrezione avvenuta dopo il settimo giorno, l’Ottavo,  giorno nuovo, il tempo dello Spirito rinnovatore.
 L’uomo è l’eterno bambino e, per fortuna, sempre inquieto, desideroso di apprendere e di progredire. Vive in  questa continua tensione.
 Una spinta “divina” è nel suo cammino, lo sollecita a scoprire e usare le proprie ricche energie intellettive e volitive alla ricerca della vita piena. Le vie per arrivare a realizzare i suoi sogni sono tante. La Parola dice, l’uomo l’ascolta, lo Scritto la interpreta, l’uomo riflette, la scienza scopre la legge della natura, l’uomo la usa, l’artista svela e mostra in silenzio le bellezze e le meraviglie, l’uomo le contempla. Le icone, opere sacre, quale ruolo hanno avuto e hanno in questo contesto umano e sociale? Quale importanza hanno avuto e hanno nella vita della chiesa?
Le icone non sono dei ritratti ma pitture stilizzate e trasfigurate, che narrano la presenza e la storia dei soggetti rappresentati, il loro messaggio e il loro parlare. Infatti, il volto del Santo ti segue e ti invita alla meditazione e alla visione del trascendente, alla ricerca dell’Assoluto e alla visione dell’Invisibile. Ogni pittore di icone inizia ad ispirarsi al Cristo sul monte Tabor, in cui lo splendore del Signore trasforma gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, annullando spazio e tempo, manifesta finitezza dell’uomo di fronte all’“Altro” e l’indicibilità della realtà divina, “Magnum Misterium” da cui sboccia stupore e umile adorazione. Dice San Pietro: “udiamo l’inaudito e vediamo l’invisibile” perché il Dio fatto uomo diventa tangibile e raffigurabile.
All’iconografo non interessano le fattezze umane dei personaggi, ma il loro essere spirituale, il sentire la fede della chiesa e la varietà dei colori, col luccicante oro a sfondo di ogni icona,  Epifania  della divinità Invisibile. È la  vittoria dello spirito sulle tensioni malvagie. Dominano la luce, l’armonia del creato e scompaiono la tristezza e il disordine per opera di Dio incarnato.    
 Il nostro Zoti Tamburi amava la lettura, si appassionava agli autori antichi e attuali più che ai testi scolastici, italiani e stranieri. Diligente osservatore delle problematiche poste dagli scrittori. Non solo leggeva molto ma anche scriveva; aveva uno stile scorrevole lineare e piacevole. Era nato a San Basile (CS), da una famiglia “signorile”, religiosa e laboriosa; compì i suoi studi medi nel preseminario di San Basile, il ginnasio e il liceo a Grottaferrata, dai Padri Basiliani, Filosofia e teologia a Roma, nel Collegio Greco frequentando l ‘Università Gregoriana, retta dai Gesuiti. Ordinato sacerdote il 23 Novembre del 1958 da Mons. Giovanni Mele.
Tornato in diocesi nel 1959, per un anno fu viceparroco a San Demetrio Corone, nell’anno seguente fu chiamato a Lungro come viceparroco di Giovanni Stamati. Nel 1967 alla nomina di Stamati come Amministratore e poi Vescovo dell’Eparchia di Lungro, fu nominato Arciprete della Cattedrale. E’ passato a miglior vita il 4 Luglio 2014. Ebbe la stima dei superiori ecclesiastici per cui rivestì diversi incarichi diocesani e, tra gli altri, anche Amministratore Apostolico per alcuni mesi.
Dotato di molte capacità e buone intenzioni, fu, tuttavia, condizionato negli ultimi tempi dal suo carattere intransigente, dal suo sentire soggettivo nel vedere e giudicare realtà del momento, e, sofferente, si isolò chiudendosi in se stesso e rigettando ogni impegno ecclesiale e diocesano.
Negli anni settanta/ottanta, il comune amico e compagno di Collegio Greco, P. Giuseppe Printesis è invitato a dipingere in Cattedrale. Parlando e osservando, anche il nostro Zoti si affezionò al mondo delle icone non solo come studioso, ma usando anche il pennello. Progettò e guidò la realizzazione dei mosaici stupendi e delle pitture che hanno reso la Cattedrale un vero gioiello e un catechismo visivo.  Le sue opere sono state presentate in Liguria, a Chiavari, dal 20 Aprile  al 6 Maggio 1990; a San Remo, nella chiesa russa dall’ 11 al 25 Maggio 1990; nell’antico Castello a Mare, dall’ 11 al 17 Giugno 1993; a Santo Stefano D’Avello, dall’11 Luglio al 10 Agosto 1993; a Saracena (CS) nel 1988; nel museo civico di Rende (CS), nel 1998.
Oggi sono esposte qui a Lungro, dove ha svolto per lunghi anni la sua missione di sacerdote. Le sue numerose icone (46 di varie dimensioni) rappresentano Gesù nei vari  ruoli, la Madonna, come Principessa, nelle diverse versioni: Odigitia, Platitera, della Tenerezza, e alcuni santi e angeli. Tutte sono figure ieratiche che indicano sicurezza e fiducia. Per comprendere le icone bizantine, sempre stilizzate, bisogna entrare nel loro significato attraverso la simbologia e conoscere gli elementi che le compongono. I) I personaggi: fronte ampia, occhi grandi e fissi, orecchie grandi, bocca piccola, barba lunga, un rotolo in mano, il volto severo, sempre in prospettiva, e soprattutto, staticità. II) Gli elementi: grotta, montagne tagliate, rocce, deserto, fuoco, raggi, scritte, triangolo e cerchio. III) I colori, spesso ispirati agli usi della corte imperiale di Bisanzio, e la loro posizione: oro sempre presente e essenziale, porpora, verde, bianco, rosso. Per esempio il colore porpora indica il divino, l’azzurro, l’umano; quindi Cristo, come Figlio di Dio, veste di porpora come abito interno, veste di azzurro come abito esterno: l’umano per scelta. La Vergine al contrario, come creatura umana, ha la veste interna azzurra e l’abito esterno rosso: divinizzata per chiamata.
Le interpretazioni possono essere varie e non sempre univoche ma tutte vogliono scoprire un lato della Verità, penetrare nella conoscenza dello Spirito Vivificante e diffonderlo agli altri. In questa prospettiva, le icone di Zoti costituiscono un inno al Signore e un servizio reso al popolo di Dio.
Concludo questa breve nota citando un passo del Concilio di Costantinopoli del 787 “A coloro che credono, predicano e annunciano la Parola con scritti e in figure e pensano altrettanto utile predicare la verità con le icone, eterna la loro memoria”. Kuitimi it qofte i paharruar!   Caro Zoti Pierino, unendoci ai Santi Padri ti diciamo: sia eterna la tua memoria. Grazie! Faleminderit!
 O Signore, amico degli uomini, Gloria a te.  
Zoti Antonio Trupo
Civita, 29 Giugno 2015, memoria dei SS. Pietro e Paolo

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