Si commemora domani, sabato 18, la giornata degli "invisibili", l'appuntamento religioso più caratterizzante, partecipato e sentito negli stanziamenti albanesi di confessione cattolica ma ancora legati alle tradizioni della Chiesa orientale di rito bizantino. Una commemorazione nel corso della quale si accentua, ancora di più della ricorrenza latina del due novembre, il legame costante con chi ha lasciato questo mondo per sempre.
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E' la giornata dedicata ai defunti arbëreshë, una "festa" celebrata alle soglie della primavera che prende il posto dell'inverno, il periodo dell'anno in cui la natura " si sveglia e rinasce"; una ricorrenza del calendario
liturgico bizantino che oscilla in dipendenza delle festività pasquali, ed esattamente cade il sabato precedente la seconda domenica di Carnevale e quindici giorni prima dell'inizio della Quaresima, ed è strettamente legata alla simbologia della Resurrezione.
Puntuale è il rinnovarsi di remote usanze popolari, con la religione sempre in primo piano.
Come quella del lume tenuto acceso in molte case da domani e durante l'intera settimana per consentire alle anime dei defunti di avere il cammino illuminato quando, "uscite dalle tombe, torneranno nei luoghi frequentati in vita".
Sabato mattina è anche la volta del mesto corteo in cimitero guidato dal sacerdote , che continua nel corso dell'intera giornata, domenica inclusa, con massiccia partecipazione di fedeli. Seguono la Divina liturgia nella cappella comune e la benedizione collettiva delle tombe e dell'ossario, dove il papàs è solito bussare tre volte nella porta di ferro che demarca il limite tra il mondo dei viventi e quello dei defunti.
Piena di significati storici e demo-andropologici è la remota tradizione del frugale "pasto comune" in emoria di chi non c'è più. Consumare bevande e cibo tra le tombe (nella foto) in ricordo del familiare o dell'amico scomparso accentua il significato dell'unione religiosa e affettiva tra quest'ultimo e i viventi, attraverso i piccoli piaceri della vita: un dolce, una bevanda abituale, una sigaretta, tutte cose che l'estinto era solito consumare con gli amici. La singolare consuetudine, che sopravvive a S. Demetrio Corone e in qualche altro centro, si giustifica anche con la convinzione che la ricorrenza non sia solo di dolore. Bisogna banchettare con i morti, lasciare loro cibo sulle tombe, in segno di comunione e di legame con l'aldilà che non desta paura.
Il "Sabato dei morti" albanesi domani mattina prevede pure la benedizione del grano bollito (simbolo di resurrezione) da parte del sacerdote nelle famiglie colpite da un lutto recente o nel passato. In piccole fette di pane viene sparso un po' di grano e offerto ai presenti alla cerimonia.
In serata si consuma l'ultimo atto della giornata in memoria dei defunti arbëreshë. Gruppi di amici si ritrovano per "fare i morti" (ossia dare da mangiare ai trapassati), consumando una cena basata soprattutto su salami e formaggi locali e innaffiata da vino rosso prodotto in casa. Accanto a loro è posta una sedia vuota "riservata" al defunto, che nel giorno della sua festa torna a visitare i luoghi frequentati da vivo, prima di fare ritorno, sabato prossimo, nella dimora eterna. Poi, verso mezzanotte, a S. Demetrio Corone molti si recano di nuovo in cimitero, illuminato dai ceri lasciati dai visitatori, in composto silenzio per l'ultimo saluto.

 

Articolo tratto dalla newsletter della Eparchia di Lungro

 

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