Ho riflettuto a lungo sull’opportunità di intervenire su quanto espresso dal Prof Alessandro Rennis in un suo recente scritto riguardante la consacrazione del nuovo vescovo di Lungro. Il rischio è di alimentare un clima di polemiche di cui non abbiamo proprio bisogno.


Intendo qui dire la mia non in qualità di uno di quei maestrini di teologia applicata, chiamati in causa da Rennis , con tono chiaramente dispregiativo, bensì in qualità di uno che ama la tradizione greco bizantina e per essa ha profuso nel corso della sua esistenza tante energie. La passione con cui ho sempre difeso l’integrità del rito greco e delle nostre genuine tradizioni mi ha spinto a prendere pubblicamente posizioni, talvolta ai limiti dell’ortodossia cattolica e non proprio in sintonia con le posizioni della nostra gerarchia. La stessa passione mi ha condotto ad uno scontro con
uno dei mostri sacri dell’Eparchia, il compianto papàs Matrangolo, di venerata memoria, quando, a fronte di un coro osannante di consensi al suo libro sulla Madre di Dio, io avanzavo critiche e riserve, ritenendo molte delle affermazioni del Matrangolo più vicine alla mariologia latina piuttosto che alla genuina tradizione mariologica orientale.
Dunque, io, maestrino di teologia applicata, sono disponibile ad apprendere ulteriormente, nelle sedi appropriate. Ma di fronte a Sindaci che nei mass media si improvvisano teologi, e di fronte ad emeriti Professori di Lettere  che pretendono di impartirmi lezioni di ecclesiologia, mi risento e, forse, mi indigno un po’.
Ma entriamo nel merito dell’articolo del Rennis.
A parte le inesattezze ( non erano due i vescovi latini consacranti ma solo uno). A parte i toni irriverenti, assolutamente fuori luogo in questa circostanza (“le rotondità polari” dei vescovi latini) c’è da rilevare e correggere affermazioni che non sono giustificate. Intanto i nostri papades non hanno avuto un ruolo marginale: nelle cinque ore di funzione della liturgia sono stati i nostri sacerdoti, diaconi e lettori a condurre la lunga celebrazione liturgica, all’interno della quale era inserita la funzione della chirotonia: questi, non il clero latino, hanno proclamato la liturgia della
parola, questi hanno solennemente guidato le preghiere del popolo. I nostrisacerdoti hanno portato al popolo l’eucaristia. Già, l’eucaristia! Per chi vivenella chiesa questo è il momento più solenne di tutta la celebrazione liturgica, non la pomposa processione con i vescovi latini, le loro guglie e le loro rotondità. Ricevere l’eucaristia, “u Cristu miu”, dalle mani del proprio
papàs, per un arbresh è tutto! Per quanto riguarda Mons Sotir Ferrara, nessuno lo ha emarginato; era fisicamente impossibilitato a quella lunga funzione, tanto che per tutta la durata della liturgia era assistito da un badante!
Ritornando alla massiccia presenza di vescovi latini, a qualcuno quelle guglie hanno fatto l’effetto che ai ragazzini può fare il pennacchio del carabiniere in alta uniforme. Per noi sotto quelle guglie non c’erano indistinte rotondità polari ma il volto amico e familiare di Mons Renzo, o Mons Milito, tanto per fare solo due nomi. La presenza di tutto l’episcopato calabrese, tra l’altro molto discreta e relegata nell’angolo delle personalità ospiti, ha avuto il senso di onorare non di mortificare la nostra comunità, di contribuire ad esaltare la solennità festosa del popolo di Lungro.
Ma veniamo al punto fondamentale che fa gridare il Rennis allo scandalo: i vescovi ordinanti non erano tutti orientali. Non c’è spazio per una discussione più approfondita, voglio solo ricordare a tutti, che in tutte le chirotonie, dal lettorato fino all’episcopato, il vescovo ordinante non lo impone nessuno, lo sceglie il candidato. In questo caso il candidato Mons Donato Oliverio, ha
scelto come suoi vescovi ordinanti Luinacci, Cirillo, e Nunnari. Non credo che sia difficile capire le ragioni di questa scelta. Rispettiamole. In tutta questa faccenda c’è una questione di fondo che va tenuta presente.: il giusto equilibrio tra fede e forma, istituzione e libertà, tradizione e creatività.  Un equilibrio che non è possibile cogliere né con la finezza dei sottili indagatori aristotelici né, tanto meno, con la tamarra grossolanità talebana. Come al solito il metodo lo troviamo nel vangelo: la legge, la tradizione, varispettata, senza omettere neppure una virgola, tuttavia non bisogna mai dimenticare che il sabato, suprema espressione della Legge, è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato.

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Lunedì, Gennaio 23, 2006 Luigi Boccia Chiesa e Religione 11748
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Domenica, Novembre 13, 2005 Luigi Boccia Grammatica 26113
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Martedì, Marzo 07, 2006 Pietro Di Marco Aspetti generali 11570
E ardhmja e natës agimi. Ti e prite. E ardhmja e agimit dita e plotë. Ti e rrove. E ardhmja e ditës mbrëmja. Ti u krodhe në të. E ardhmja e mbrëmjes...