grammalogo.pngProponiamo ai lettori il terzo aggiornamento della "Grammatica della parlata arbëreshe di Piana degli Albanesi" di Gaetano Gerbino. L'aggiornamento include sezioni le sezioni: I. Fonologia: alfabeto. II Morfologia: nome, aggettivo, numerale, pronome, avverbio, preposizione, congiunzione, particella, interiezione e verbo.

Scarica subito la "Grammatica della lingua arbëreshe di Piana degli Albanesi"

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Premessa

La pubblicazione della grammatica della lingua arbëreshe di Piana degli Albanesi è il coronamento del percorso di formazione linguistica che ho intrapreso nei primi anni '80. Ho resistito negli anni scorsi alla tentazione di rabberciare un'accozzaglia di nozioni, regole e tabelle senza avere la piena consapevolezza di ciò che andavo scrivendo e che soprattutto avrei voluto trasmettere ad altri. Ho aspettato di avere una conoscenza della lingua arbëreshe del mio paese tale da non essere costretto dopo qualche tempo a rileggere con orrore i miei scritti. Quando mi sono accorto che avrei potuto fidarmi di quello che io stesso avevo scritto senza dover ricorrere alla matita blu, ho concluso che anche gli altri avrebbero potuto fidarsi di me, mantenendo comunque la consapevolezza di non essere infallibile.

La divulgazione in rete del dizionario, della grammatica, dei racconti e di alcune traduzioni non è un atto di filantropia ma la naturale conseguenza di una passione talmente forte che mi impone innanzitutto l'esigenza di condividerla con gli altri e, se possibile, di suscitarla in essi.

Non è facile oggi appassionarsi alla lingua e alla cultura arbëreshe: una cultura minoritaria, considerata moribonda da molti, inutile dai più, nostalgica da alcuni e, purtroppo non da pochi, dannosa per un corretto apprendimento della lingua italiana.

È quasi impossibile convincere gli arbëreshë che il bilinguismo è un patrimonio inestimabile che conferisce ad un bambino delle attitudini linguistiche, e non solo, superiori ai coetanei "monolingui". Purtroppo, sempre più, nel caso degli Arbëreshë, diventa difficile parlare di un vero e proprio bilinguismo essendo la nostra parlata devastata dal punto di vista lessicale, ma soprattutto sintattico, non solo dall'influenza dell'italiano e dei dialetti (siciliano, calabrese, pugliese, lucano ecc.) ma dall'incuria e dalla mancanza di "igiene linguistico".

Sono in disaccordo con coloro che ritengono che la condizione critica delle parlate arbëreshe sia l'inevitabile conseguenza di una evoluzione linguistica. Non è così. Lo stato di salute di una lingua non dipende soltanto dalle condizioni storiche, geografiche, sociali e chi più ne ha più ne metta. È bensì il frutto dell'atteggiamento "politico" che un popolo e chi lo governa hanno nei confronti della loro cultura, della loro identità e quindi della stessa lingua. Si potrà obiettare che questo, per così dire, atteggiamento politico è proprio frutto del succitato contesto storico, sociale e geografico. Questa è sicuramente un'affermazione innegabile, ma se ci limitassimo, come quasi sempre si è limitata l'intellighentia arbëreshe, a questa analisi puramente diagnostica faremmo come il medico che individuata la causa della malattia si congedi dal malato senza prescrivere alcuna terapia pretendendo pure di essere pagato. Di fini diagnosti l'Arbëria è abbastanza affollata, i terapeuti invece scarseggiano. Lungi da me la pretesa di possedere poteri taumaturgici e di voler apparire come colui che si accosta al letto dell'agonizzante con l'ampolla del farmaco miracoloso. Non è un singolo gesto, una sola iniziativa, un'opera per quanto meritoria, una legge scritta che potranno ridare vigore al moribondo. Sono però convinto che mettere a disposizione degli Arbëreshë degli strumenti che possano quanto meno destare la loro curiosità nei confronti della lingua sia un passo obbligato. Io ho scelto di pubblicare sia il dizionario che la grammatica in rete con la speranza di innescare in quanti più Arbëreshë possibile l'interesse per la lingua. L'utilizzo di internet mi è parso il più funzionale all'intento divulgativo. Consideriamo che oggi quasi tutti i ragazzi dei nostri paesi hanno con internet una grande dimestichezza e che si sta verificando qualcosa che forse fino a pochi anni fa sembrava improbabile: non è per nulla raro che su Facebook o su alcuni siti arbëreshë si possano leggere dei dialoghi scritti in lingua arbëreshe. È certemente interessante vedere come i giovani si inventino un loro alfabeto ed una loro grammatica. Ma la loro esigenza è quella di comunicare ed in ossequio a quella che è la prima regola della comunicazione verbale "l'importante è capirsi". Quindi, se da una parte internet ci mostra una resistenza attiva della lingua arbëreshe anche nei giovanissimi, dall'altra ci fa rendere conto di quanto poco gli stessi navigatori sentano la necessità di usare la loro lingua in maniera corretta. Ma come incolparli di questo? Chi gli ha mai detto qual è la forma corretta dell'arbëresh?

È a questo punto che la cosidetta intellighentia arbëreshe deve fare una scelta politica e cioè quella di divulgare il più possibile, ed aggiungerei anche il più in fretta possibile, tramite il web, tutti gli strumenti idonei al corretto apprendimento della lingua. Non m'illudo che tutto ciò serva nell'immediato a convincere gli Arbëreshë a studiare la grammatica della loro lingua, ma è importante che tutti sappiano che esiste una lingua codificata, corretta, ufficiale. Soltanto così i pochi che avranno avuto la passione e l'impegno di apprendere l'ortografia, le regole grammaticali e la sintassi, si potranno permettere di dire ad altri "non si dice così, ma così... si scrive così e non così...". In poche parole bisogna mettere in atto un'inversione di tendenza e la parola d'ordine non può che essere "divulgazione".

Se oggi un ragazzo arbëresh pronunzia una parola in maniera strana, coniuga un verbo in modo fantasioso o utilizza l'italiano o il siciliano per esprimere un concetto o un significato per i quali pure possiede i termini arbëreshë, nessuno ci fa caso. Quindi succede che nell'ambito di una stessa famiglia, specie se sono presenti anche i nonni, si sentano parlare tre lingue differenti. L'importante oggi per gli Arbëreshë è avere un'idea di quello che si sente dire. Il nipote non capisce del tutto quello che dice il nonno; il nonno, ammesso che ci senta bene, capisce male quello che dice il nipote; il padre crede di capire e di essere capito da tutti. Ma non solo questo sta succedendo. Non si creda che l'impoverimento dell'arbëresh avvenga soltanto con il passaggio da una generazione all'altra. Gli stessi individui con il passare degli anni vanno parlando sempre meno bene la lingua. Un settantenne di oggi parla peggio l'arbëresh di quando aveva cinquant'anni e peggio ancora di quando ne aveva trenta. Questo, se ci pensate, non avviene con la lingua italiana: anche un analfabeta nel corso della sua vita riesce ad aggiungere qualche parola al suo scarno vocabolario italiano.

Essendo la mia parlata arbëreshe nel frigorifero dell'emigrazione che tutto congela e conserva, rimango allibito nel sentire (quasi sempre al telefono) persone più in là con gli anni di me che parlano come sentivo parlare una decina di anni fa quelli che allora per me erano ragazzini, i quali a loro volta, diventati più grandi, parlano peggio di allora. Quando ritorno in paese e scongelo la lingua arbëreshe per metterla nella graticola della conversazione mi accorgo di quanto sia diverso il mio modo di parlare da quello del mio interlocutore: da me viene avvertito il suo come degradato ma da lui il mio come anacrostico.

Quindi per tornare al mio disaccordo con la teoria "evoluzionistica " o "involuzionistica" dico che è vero che tutte le lingue cambiano ma non con la rapidità con la quale sta cambiando l'arbëresh. Un italiano degli anni '30 probabilmente usava qualche termine adesso obsoleto ma pressappoco la lingua è la stessa di quella di oggi. Ancora adesso è possibile leggere "I promessi sposi" senza alcuna difficoltà. La Divina Commedia, scritta duecento anni prima che arrivassero gli arbëreshë, per lunghi brani parla come si parla oggi.

 Invece un arbëresh di Piana ha difficoltà a capire le poesie di Carlo Dolce che pure fu poeta popolare vissuto tra la fine Settecento e i primi dell'Ottocento.

Quindi il problema per noi è che non esiste una lingua corretta, ufficiale e condivisa che faccia da punto di riferimento e che costituisca il modello da seguire per non essere considerati ignoranti. O meglio, esiste ma non è conosciuta abbastanza. Nessun bambino viene corretto perché storpia una parola, perché cambia una coniugazione o perché si esprime in italiano. Anzi gli Arbëreshë più grossolani che hanno scarsa considerazione delle capacità mentali dei loro figli tendono a parlar loro in italiano perché altrimenti il bambino va a scuola che non sa parlare. Il bambino di cinquant'anni fa a Piana e negli altri paesi arbëreshë, non era muto. Sapeva parlare. Sapeva parlare in arbëresh. Forse impiegava un po' più di tempo rispetto ai bambini italianofoni ad esprimersi in italiano ma alla fine, nel volgere di alcuni mesi, colmava la distanza che lo separava dai suoi coetanei palermitani. Io ho vissuto per tanti anni a Palermo e posso dire che il palermitano medio parla in italiano peggio di un arbëresh. Come conosco tanti arbëreshë che si sono distinti anche in ambito accademico letterario (italiano e albanese) pur appartenendo a generazioni che fino all'età di sei anni non sapevano dire una parola in italiano.

La lingua è come una casa. Non si può dire che una costruzione è destinata col tempo a diventare vecchia e poi a crollare. O meglio, lo si può dire perché nulla è eterno, ma sappiamo bene che se una casa non viene manutenuta, accudita andrà in rovina molto più rapidamente. Ognuno di noi sa che una casa abitata si mantiene meglio di una chiusa da tempo. Bisogna riparare i piccoli guasti al loro primo apparire altrimenti è tardi. Un'infiltrazione d'acqua, una tegola, una mattonella... vanno messi a posto prima che il danno si estenda.

Parlare soltanto di conservazione serve a poco. La casa non va conservata magari tappando le finestre, chiudendo l'acqua e il gas, e staccando il contatore. Dopo qualche tempo la muffa divorerà le pareti, i tarli si mangeranno i mobili, l'umidità staccherà mattoni e piastrelle, e qualche nubifragio farà anche danni più grandi. La casa va arieggiata, abitata, vissuta.

Gli intellettuali arbëreshë che scrivono e parlano solo in italiano, ma anche coloro che scrivono in arbëresh facendo circolare le loro opere nella stretta cerchia degli appassionati e degli addetti ai lavori, non rendono un bel servizio alla causa della lingua arbëreshe. Questi hanno scelto di abbandonare la casa, chiuderla, sprangarla, staccare tutto e andare a svolgere la loro opera in una casa nuova dalla quale continuano ad urlare che la vecchia sta andando in rovina.

È per questo che io ho scelto di esprimermi sempre in arbëresh o, laddove uso l'italiano, con la traduzione arbëreshe a fronte. Io così mi sono appassionato e ho cominciato ad imparare la lingua: grazie alla rivista Mondo Albanese che veniva pubblicata rigorosamente arbërisht. Ho fatto un'eccezione obbligata per la compilazione di questa grammatica, usando l'italiano, per far sì che essa sia rivolta anche a quegli Arbëreshë che non hanno più confidenza con la lingua di Piana.

Mi auguro che la pubblicazione on-line di questa grammatica possa suscitare interesse e che questo interesse risulti contagioso. Auspico anche che tutti coloro che abbiano qualche osservazione, qualche appunto o suggerimento da dare me lo segnalino al mio indirizzo di posta elettronica e ne discuteremo. Nel nostro piccolo mondo arbëresh per fortuna le critiche non mancano. Non trovo la cosa disdicevole. Anzi, la tendenza dei miei concittadini a criticare, minimizzare e sminuire il lavoro fatto da altri mette in atto una sorta di selezione naturale. Se il lavoro resiste alle critiche vuol dire che vale; se ne viene sommerso e inghottito vuol dire che in fondo era meglio così.

Per questo motivo ho deciso di pubblicare la grammatica a puntate. In maniera tale che il testo sia "aperto", che sia suscettibile di modifiche migliorative. Ad ogni puntata quindi tutto il testo può risultare modificato, per cui si consiglia il lettore on-line di scaricarlo e riguardarlo tutto. Solo alla fine, l'ultimo file inserito nella sezione downloads, conterrà la versione definitiva, opportunamente segnalata con un titolo del tipo "Grammatica arbëreshe della parlata di Piana degli Albanesi - testo definitivo". Fino ad allora chiunque potrà dire la sua e collaborare.

Il lettore avrà modo di notare i frequenti riferimenti alla grammatica italiana cui sono ricorso per far capire meglio le regole della fonologia, della morfologia e della sintassi. In questo senso questa pubblicazione potrebbe definirsi una grammatica comparata. Ho rinunciato alla comparazione della lingua e della grammatica arbëreshe con l'albanese d'Albania poiché per la maggior parte degli Arbëreshë purtroppo quest'ultima è una lingua sconosciuta. Ritenendo, tuttavia, l'apprendimento dello shqip un passo obbligato per un arbëresh che voglia approfondire la sua conoscenza della cultura albanese nella sua globalità, ho aggiunto un'appendice nella quale presento le declinazioni dei nomi, degli aggettivi e dei pronomi e le coniugazioni dei verbi in lingua shqipe. Chi vorrà potrà fare da sé la comparazione tra la lingua arbëreshe e l'albanese.

Come ogni opera anche questa grammatica non nasce dal nulla e non ha la pretesa di essere un fiore nel deserto. Fondamentale nella stesura del testo è stata la consultazione delle opere pubblicate dalla Biblioteca di Piana degli Albanesi grazie all'impulso, alla passione e alla professionalità del mio amico Pietro Manali, in primo luogo "Udha e mbarë" di Giuseppe Schirò Di Maggio. Inoltre mi è stato utile confrontarmi con alcune pubblicazioni "calabresi", prima fra tutte la "Grammatica (comparata) della lingua di Pallagorio" di Carmine Gentile. Infine ha costituito una valida traccia "Gjuha letrare shqipe për të gjithë" di A. Kostallari, E. Lafe, M. Totoni, N. Cikuli.

Un ringraziamento particolare va al prof. Matteo Mandalà, per aver intrapreso da alcuni anni un'opera di divulgazione della nostra letteratura al di fuori dell'ambito universitario. Per quanto mi riguarda devo allo studio delle sue opere quell'approfondimento delle mie conoscenze che credo mi stia dando l'abilitazione alla "prescrizione di qualche presidio terapeutico" per il nostro malato. 

Voglio concludere questa lunga premessa ringraziando Luigi Boccia (www.jemi.it)  e Pino Cacozza (www.arbitalia.it) per le loro esagerate parole di stima nei miei confronti e complimentandomi ancora una volta per i loro siti internet che sempre più stanno diventando un punto di riferimento per gli Arbëreshë nel mondo. 

Gaetano Gerbino

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