Una giornata all'insegna della cultura e della lingua arbëreshe. Si è svolto nei giorni scorsi l'evento culturale curato, organizzato e presentato da Rossella Blandi, tenacemente interessata al mondo culturale arbëresh e altrettanto legata alle proprie origini.
Nel contesto di una giornata dedicata alla cultura e alla lingua si è assistito in particolare alla rappresentazione della commedia teatrale in lingua arbëreshe "Pjaku me pakun" scritta da Vincenzo Bruno con la regia di Imma Guarasci e interpretata dal gruppo teatrale "Arbreshando" di Frascineto diretto da Lucia Martino. Cultori, autorità istituzionali provenienti da diversi paesi albanofoni e il vescovo dell'Eparchia di Lungro, mons. Donato Oliverio hanno partecipato con molto interesse ed entusiasmo all'evento che ha avuto come obiettivo, non solo la promozione della cultura arbëreshe, ma anche la valorizzazione della lingua arbëreshe, che per queste realtà costituisce un grandissimo patrimonio etnoantropologico da custodire e far conoscere. La lingua arbëreshe infatti è da considerarsi come valore aggiunto da sfoggiare per favorire il turismo culturale e consentire un maggiore sviluppo locale. Porre in risalto la vera identità di queste comunità significa tra l'altro non disperdere tradizioni, usi, costumi e valori.
"Il popolo arbëresh, ha dichiarato la dottoressa Blandinon, non è da ibernare né da conservare in un museo ma una comunità che vive in perfetta sintonia con il proprio tempo e che sa mirabilmente coniugare tradizione con evoluzione. Merita quindi di essere tutelato, come d'altronde prevede la Legge 15 Dicembre 1999, n. 482 (Norme m materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), salvaguardato e promosso al fine di non far scomparire ciò che di più prezioso possiede: una lingua antica a tutti gli effetti che dovrebbe essere introdotta e studiata nelle scuole dei paesi arbëreshë". La mancanza di alfabetizzazione, in passato, ha fatto sì, difatti, che la cultura degli albanesi d'Italia si trasmettesse per secoli, attraverso il veicolo della oralità. L’arbëresh ha oggi, invece, necessità di essere ripreso e valorizzato; vanno, infatti, assolutamente abbattute le distanze che vi sono attualmente tra la lingua parlata, che tra l'altro è in profonda discesa tra le nuove generazioni, e la lingua scritta al fine di non far scomparire queste vere e proprie isole etnico linguistiche. Ammirevole è da ritenersi dunque l'opera culturale che la Blandi ha proposto e che ha intenzione di proseguire nei prossimi mesi con altri appuntamenti culturali e nuovi progetti.