Sotto le corone portano capelli ravviati e boccoli settecenteschi, da bravi cerusici che per la loro opera, e le guarigioni, non accettano argento. Escono dal Santuario gli Anargiri tra i suoi ottonati della banda e i boati in cielo a pochi metri, tra due ali di folla.
I portantini fanno fatica a sollevare il piedistallo in legno massiccio e trasportarlo tra le vinelle di Strigar in salite impossibili e in discese sdrucciolevoli, ma non demordono, e continuano senza cambi. "A spala... a spala. A mano... a mano..." si passano gli ordini con i cassanesi, devoti da fuori confine, gli strigarioti che condividono con essi ogni sforzo. L'organetto dell'anziano di Acquaformosa si intrufola tra gli squilli della banda e le nenie italo-greco-albanesi delle devote che seguono le statue. Davanti ai loro usci donnine canute attendono con guantiere ricolme di caramelle d'ogni tipo e di confetti e al loro incedere al centro della via si ferma il corteo e si cala il piedistallo sulle sue quattro gambe. Fiato per le spalle che reggono il peso della santità e tempo per le mani scolpite dagli anni e dall'artrite per inondare di zucchero artificiale i santi piedi di Cosma e Damiano e infilare nel fessura del tavolo un'offerta. Le mani del portantino che sta dietro i Santi rapide le raccolgono e le passano velocemente sul palmo delle tante mani dei fedeli più vicini. Verso l'ultimo sole già al tramonto, nel crepuscolo acceso dalle luminarie la banda incalza il ritmo e il volume e sale la processione al santuario rivestito di icone affrescate: stipati sotto le navate i fedeli attendono l'ultima benedizione, con le mani veloci sfiorano i piedi dolciastri delle statue per un bacio traboccante di fede. (gb2012)