Al pari di molti arbëreshë, apprendo con profondo rammarico la notizia del conferimento dell’incarico di Amministratore Apostolico dell’Eparchia di Lungro all'Arcivescovo di Cosenza, S.E.Rev.ma Salvatore Nunnari. Le mie considerazioni non vanno, evidentemente, riferite o collegate alla persona dell’Arcivescovo Nunnari a cui auguro di compiere a Lungro un lavoro buono e rapido.
Questa nomina, di cui si vociferava da mesi, giunge a circa due anni dalle dimissioni per raggiunti limiti di età da parte di S.E. Mons. Ercole Lupinacci. Pur essendo un incarico temporaneo (anche se nessuno sa quanto a lungo si protrarrà), si tratta di un atto umiliante per l’intera comunità arbëreshe che oggi torna indietro di cento anni, allorquando i nostri sacerdoti si trovavano soggetti alla giurisdizione dei vescovi latini. Il diritto sacrosanto ad avere un Vescovo per gli arbëreshë, indipendente e soggetto unicamente alla Santa Sede, è stato oggetto di richieste da parte dei nostri antenati per 400 anni ed oggi quell’autonomia appare tanto vitale quanto minacciata. Eppure questa condizione poteva essere evitata indicando come amministratore apostolico un sacerdote dell’Eparchia. Questo accadde già alla morte di S.E. Rev.ma Mons. Giovanni Stamati (7 Giugno 1987) quando tale incarico venne conferito all’allora Protosincello Archimandrita Mario Pietro Tamburi che resse l’Eparchia come Amministratore Apostolico fino al 17 gennaio 1988, data dell’insediamento di S.E. Rev.ma Mons. Ercole Lupinacci. E' molto strano pensare che, in quasi due anni, non sia stato possibile nè scegliere un nuovo Vescovo nè identificare nel presbiterio eparchiale un nostro papàs in grado di svolgere dignitosamente il compito di amministratore. In subordine, a Lungro si sarebbe dovuto inviare come amministratore un vescovo o arcivescovo di rito bizantino in attesa della nomina di un successore dell’Eparca Ercole.
Sulle motivazioni che hanno indotto la Curia Romana a prendere questa decisione si possono azzardare varie ipotesi. E' evidente che in Vaticano nulla si muove per caso e certamente su di noi hanno idee precise che non è dato sapere. Tuttavia, pur limitandosi ai fatti, il quadro che si evince dallo stato delle nomine nella chiesa italo-albanese e italo-greca è assai preoccupante:
Dovrebbe essere evidente che una chiesa italo-albanese debole non recherà, nel medio termine, vantaggio a nessuno. Così come hanno più volte indicato alcuni grandi sacerdoti della nostra Eparchia, la nostra diversità dovrebbe essere preservata e alimentata nel rispetto della nostra storia e nella speranza di poter svolgere un ruolo importante nel dialogo ecumenico con i fratelli Ortodossi. Oggi, purtroppo, ai segnali di divisione e indebolimento interno, si aggiungono ombre preoccupanti che mi auguro svaniscano presto.