mitramonsstamati«In qualità esponente del locale circolo dell’Udc di Lungro, mi preme esprimere alcune considerazioni sulla vicenda della nomina del vescovo dell’Eparchia di Lungo, in modo particolare su quanto comparso sul quotidiano del 17 agosto, nell’articolo “Eparchia, lo scontro si fa duro”.
Le affermazioni ivi contenute non esprimono minimamente la posizione del partito, che a Lungro ha un direttivo, un segretario e un presidente (il sottoscritto). Al di fuori di tali organismi istituzionali,ogni altra voce, per quanto autorevole, è da ritenersi espressione di opinioni personali». E’ quanto sostiene Rocco Sassone, presidente dell’Udc di Lungro. «In merito alla vicenda dell’Eparchia, vorrei dire che l’unica cosa sconcertante è che tante persone autorevoli e rispettabili, tuttavia estranei alle cose di chiesa, si sono avventurate in dichiarazioni avventate, evocando scenari ottocenteschi assolutamente fuori dalla storia e della realtà. Si paventano rischi di sopravvivenza della stessa Eparchia; si ipotizzano improbabili scontri tra chiese, si immaginano fughe verso il mondo ortodosso. “Belle intelligenze”, si dice nell’articolo citato, “sono già passate all’ortodossia”. Io aggiungo: sarebbero ancora più belle se invece di fuggire verso i paradisi ortodossi fossero rimasti a penare con noi, per cercare di risolvere i tanti nostri problemi». «La nomina di un vescovo latino, come amministratore apostolico, in attesa della creazione del vescovo bizantino spiega Sassone ha avuto un impatto particolare nell’immaginario degli arbereshe, a causa della storia travagliata dei rapporti con i latini. Ma quanta storia è trascorsa dall’ottocento in poi! Oggi l’Eparchia di Lungro siede con pari dignità nel consesso delle dodici Chiese sorelle calabresi. Il momento che sta attraversando però è critico, vi sono delle difficoltà che probabilmente è difficile risolvere autarchicamente. In questo momento di crisi, Lungro ha bisogno dell’aiuto fraterno dei “latini”, per riprendere in forze il suo cammino travagliato. Nell’ottica di sostegno reciproco nella carità va letta la nomina di Mons. Nunnari. Per quanto riguarda i rischi di sopravvivenza, c’è da dire che questi vengono non da presunte manovre vaticane, bensì dalla disaffezione della gente ai valori religiosi, dal disinteresse delle nuove, ma anche vecchie, generazioni al problema dell’identità, ai propri valori, alla propria cultura alle tradizioni, al relativismo per cui, nelle nostre parrocchie, liturgia latina o bizantina non fa differenza, una messa vale l’altra. La sopravvivenza del nostro rito dipende solo da noi: se siamo attaccati al nostro patrimonio religioso identitario, nessuno, neanche Roma potrà strapparcelo, nessuno potrà espropriarci di tale ricchezza. L’unico rischio proviene dalla disaffezione alla nostra storia e al la nostra Tradizione con la T maiuscola».

Da "Il Quotidiano" di Mercoledì 18 agosto 2010

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