Riusciti vani gli attentati diplomatici contro la
fermezza del Re Ferdinando II, faceva d'uopo ai settarii ricorrere a
mezzi più speditivi, risoluti come erano di liberarsi ad ogni costo
della molesta presenza di quel grande Monarca; si ricorse perciò al
ferro dell'assassino. L'8 Dicembre 1856, festa dell'Immacolata
Concezione, Ferdinando II Re di Napoli aveva assistito alla santa Messa
insieme colla Famiglia Reale, con tutti gli alti funzionari, e 25000
uomini di ogni arma. Dopo la Messa, le milizie presenti vennero passate
in rivista. Re Ferdinando presiedeva allo sfilare delle truppe, quando
un giovine soldato, di nome Agesilao Milano, uno degli insorti
di Calabria nel 1848, amnistiato nel 1852 ed entrato nell'esercito con
carte false, uscì dalle file e lanciossi sul Re avventandogli un colpo
di baionetta.
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Riusciti vani gli attentati diplomatici contro la
fermezza del Re Ferdinando II, faceva d'uopo ai settarii ricorrere a
mezzi più speditivi, risoluti come erano di liberarsi ad ogni costo
della molesta presenza di quel grande Monarca; si ricorse perciò al
ferro dell'assassino. L'8 Dicembre 1856, festa dell'Immacolata
Concezione, Ferdinando II Re di Napoli aveva assistito alla santa Messa
insieme colla Famiglia Reale, con tutti gli alti funzionari, e 25000
uomini di ogni arma. Dopo la Messa, le milizie presenti vennero passate
in rivista. Re Ferdinando presiedeva allo sfilare delle truppe, quando
un giovine soldato, di nome Agesilao Milano, uno degli insorti
di Calabria nel 1848, amnistiato nel 1852 ed entrato nell'esercito con
carte false, uscì dalle file e lanciossi sul Re avventandogli un colpo
di baionetta. Il colpo fu ammortito dalla fonda delle pistole sospese
alla sella del cavallo, e il Re n'ebbe lievissimo danno. Un Colonnello
degli ussari, Conte Francesco de la Tour en Voivre, precipitossi
sull'assassino e lo atterrò. Questo venne arrestato, e la sfilata
proseguì. La sera, grandi feste in Napoli, e il popolo tripudiò perché
il suo Sovrano era scampato da tanto pericolo. Agesilao Milano venne
processato, condannato il 12 Dicembre, e giustiziato il mattino del
giorno seguente. E qui è da notare una circostanza rilevantissima, che
ci venne assicurata da persona autorevole e del tutto degna di fede, ed
è la seguente. Agesilao Milano in faccia alla inevitabile sentenza di
morte che era per colpirlo, caduto di animo, si mostrò pronto a tutto
rivelare intorno agli istigatori e ai complici del suo delitto. Nomi e
persone importanti erano per essere deposte negli atti processuali, od
erano per sedere sul banco dei delinquenti. Traditori dei propri
Sovrani ve ne ha sempre dovizia in questi tempi tristissimi di
pervertimento e di empietà! Ferdinando II ne aveva anch'esso intorno a
sé: e si fu palese al momento della invasione delle Due Sicilie, pochi
anni dopo. Essi adunque accortisi del pericolo che sovrastava a potenti
felloni e a loro stessi, come agl'interessi più vitali della Setta,
precipitarono lo svolgimento del processo, e, fatto un fascio di
deposizioni e di documenti, mostrando ipocritamente zelo per la
sicurezza dell'augusta persona di Re Ferdinando, adoperarono in guisa
che lo sciagurato regicida fosse prestamente condannato a morte, e la
sentenza più prestamente eseguita. Gravi considerazioni faceva
naturalmente sorgere l'attentato dell'8 Dicembre, ma noi ne
registreremo una sola. - "L'assassinio contro il Re di Napoli, scriveva
l'Armonia il 22 dello stesso Dicembre 1856, è la più solenne e la più
incontestabile condanna di tutta quell'orda rivoluzionaria, che da
parecchi anni spira fuoco e fiamme contro quel Monarca. Esso mette il
suggello alla infamia di cui si cuoprirono quei plenipotenziari del
Congresso di Parigi, i quali si avvilirono al segno di farsi eco degli
schiamazzi della piazza e del trivio. Quell'attentato dà una mentita a
tutte le calunnie della stampa inglese, francese e piemontese, e alle
asserzioni, che tutto il popolo del Regno delle Due Sicilie odia e
detesta in modo orrendo la tirannia del suo Sovrano. Come? un popolo
bollente come quello del regno; un popolo che sa di essere sostenuto da
tutta la stampa, che si arroga il monopolio della pubblica opinione; un
popolo, che ha dalla sua le due maggiori Potenze del mondo; un popolo,
che da tutti questi mezzi incendiari è eccitato alla rivolta contro il
suo Sovrano, non solo non si ribbella contro di lui, ma è preso da
indignazione contro un branco di sconsigliati che alzano l'insegna
della rivolta, e, nonché aiutarli nella loro sollevazione, piglia le
parti del suo Sovrano; e questo popolo è oppresso dal più duro dei
tiranni da non trovare riscontro che nei Neroni e nei Caligola? e
coloro che spacciano queste fole trovano ancora chi loro presta fede? e
fra questi credenzoni vi hanno uomini di Stato, Diplomatici, Ministri,
Sovrani, Imperatori? Philosophorum credula nati, disse Seneca: noi
potremmo dire dei politici ciò che quegli disse a' filosofi: politici,
razza di credenzoni! e diciamo i politici da caffè e da bettola, perché
i politici da gabinetto s'infingono di credere per darla a bere".
da: "Storia della Rivoluzione Italiana"