Secondo il dott. Antonio G. Marchese si tratterebbe di un vero e proprio capolavoro, riconducibile alla mano di Olivio Sozzi (Palermo 1690 – Ispica 1765), uno dei maggiori artisti siciliani operanti nella prima età del Barocco. Il Sozzi insieme all’altro siciliano Filippo Randazzo fu, a Roma, allievo di Sebastiano Conca e Vito D’Anna, mentre durante la sua attività palermitana ebbe come maestro Filippo Tancredi. La suggestiva ipotesi del dott. Marchese scaturisce dall’aver ritrovato un atto obbligatorio del notaio Domenico Bidera di Palazzo Adriano,del 10 febbraio 1754, col quale il pittore locale Antonino Torretta si impegnava col reverendo Don Michele Del Bufalo, parroco della chiesa di Santa Maria del Lume, « ut dicitur di farli un quadro di S. Anna coll’obligo di copiare quel medesimo quadro e figure che vi sono nel quadro di S.Anna existente nella venerabile Matrice Chiesa dei Greci della terra di Contessa opera di Olivio Sozzi».
Il suddetto dipinto,nel fronte del gradino posto centralmente, riporta la data d’ esecuzione e il nome del committente: HIERONIMVS CVCCIA OB SVAM DEVOT ( IONE )M (FIERI) FECIT DIE X Ap(ri) 8a indis 1730. Tale data coincide con il soggiorno romano del Sozzi,per cui si presuppone che l’opera sia stata eseguita a Roma e poi inviata in Sicilia.
I personaggi sono inseriti in uno scenario architettonico e paesaggistico, coperto da un telo rosso sostenuto da 4 putti festanti. Fulcro centrale della composizione è la Madonna col Bambino in trono, accanto alla Vergine S. Anna, la quale offre al Divino la mela, simbolo dei peccati del mondo, quasi a voler simboleggiare il Redentore “quale novello Adamo”.
Il pittore segue la consuetudine iconografica, che vuole S. Anna raffigurata come una donna anziana col manto verde. In disparte, sono raffigurati S. Giuseppe, seduto sulla sinistra mentre si tocca la barba, e S. Gioacchino in piedi a destra ; entrambi sono avvolti da ampi mantelli, rispettivamente di colore marrone e rosso.
Anacronisticamente, genuflesso sulla destra troviamo la figura di S. Francesco.
Molto interessante è la diagonale, costituita dalle teste di S. Francesco, S. Anna e la Vergine. Sempre in disparte, nell’angolo in basso, a sinistra vi è S. Giovannino in compagnia dell’agnello mistico e due angeli alati, invece nell’angolo opposto un altro angelo alato, che tiene in mano un teschio e accanto un libro, simbolo della sapienza divina.
Nel commentare l’opera, il Marchese scrive:”… nella sua magniloquenza e nella variegata gamma cromatica con prevalenza dei toni bruni, l’opera volge all’estetica barocca, pur mantenendo un impianto neorinascimentale e classicista aderente ai gusti conservatori di una committenza di provincia…”.
Dopo questo notevole ritrovamento artistico, i Contessioti si augurano che, nell’immediato futuro, possano venire alla luce anche gli autori delle altre tele del ‘700, poste nelle navate laterali, restaurate negli anni novanta,dietro interessamento dell’allora parroco papas Kola Bufalo e col supporto e la consulenza della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Palermo.