L’Ambasciatore dell’Albania, Prof. Neritan Ceka, in una cerimonia ufficiale tenutasi l’8 maggio 2015 presso l’Ambasciata d’Albania a Roma (Via Asmara 5), ha consegnato l’onorificenza dell’Ordine “Grande Maestro” al Prof. Italo C. Fortino, ordinario di Lingua e Letteratura Albanese all’Università L’Orientale di Napoli.

Il Presidente della Repubblica d’Albania, Dr. Bujar Nishani, nell’attribuire l’alta onorificenza al Prof. Fortino ha scritto: “Per il suo singolare contributo come studioso della lingua e della letteratura albanese, il quale con i suoi libri di carattere didattico permette che la lingua albanese si trasmetta pura e continua da una generazione all’altra”.

Il Prof. Fortino, nel rispondere alle parole encomiastiche dell’Ambasciatore, ha ribadito la sua soddisfazione e la sua riconoscenza per questa onorificenza che corona un’attività di ricerca scientifica e di applicazione della scienza albanologica alla realtà della diaspora albanese d’Italia. Ne è una prova la pubblicazione dei due volumi di “Alfabetizzazione arbëreshe”, da lui coordinata, cui hanno collaborato alcuni tra i più impegnati studiosi arbëreshë.

La cattedra di Lingua e Letteratura Albanese di Napoli si distingue per la proficua collaborazione con l’Istituto di Linguistica e Letteratura e con il Centro di Studi albanologici di Tirana: una collaborazione che ha visto partecipare a Napoli nelle attività promosse dalla Cattedra quasi tutti i professori e ricercatori dei suddetti Centri di ricerca. Ne sono una documentazione i due volumi di “Albanistica Novantasette” e “Albanistica Duemiladue”, che raccolgono i testi dei seminari organizzati per l’appunto a Napoli. Accanto a quest’attività un momento molto importante è stato anche la pubblicazione dell’Atlante Dialettologico della Lingua Albanese”, il cui primo volume è stato pubblicato presso il Dipartimento di Studi dell’Europa Orientale nel 2007, mentre il secondo volume sempre a Napoli nel 2008, cui ha fatto seguito un Convegno Internazionale dove studiosi d’Albania, della Kosova e di altre parti d’Europa hanno espresso il loro apprezzamento per un’opera di elevato valore dialettologico e più estesamente glottologico.

Altra realizzazione fatta in collaborazione tra la Cattedra di Lingua e Letteratura Albanese di Napoli e il Centro di Studi Albanologici di Tirana è la pubblicazione nel 2011, presso il Dipartimento di Studi dell’Europa Orientale, dell’editio princeps del primo romanzo della letteratura albanese di Francesco Antonio Santori, “Sofia e Kominiatëve”, un’opera di grande valore letterario, sociologico e linguistico.

L’Ambasciatore d’Albania Prof. Neritan Ceka ha concluso la seduta promettendo che ci saranno altri incontri per presentare opere che riguardano il mondo arbëresh e per avviare una riflessione sullo stato presente e sulle prospettive future della cultura secolare arbëreshe.

Il Prof. Fortino, nell’affermare quanto sia stata e sia ancora forte la resistenza della cultura arbëreshe, ha fatto riferimento alla schiera degli autori e degli scrittori arbëreshë contemporanei che con la loro opera sono una valida testimonianza della continuità della cultura arbëreshe e della sua sopravvivenza anche nelle nuove e difficili condizioni del mondo globalizzato.

A questo proposito ha letto la composizione del poeta arbëresh di Maschito (PZ) Tommaso Campera, dal titolo “Gluhan a mëmës”, che manifesta con chiarezza la pretesa dell’eredità da parte del figlio – ossia la lingua e la cultura materna – come bene prioritario.

Gluhan a mëmës

U rrita, ma sistë jotat

një thithurë klumësht

një fjal’ arbëreshe…

e u bëra burr.

Nëng u dhunova, oh më,

po u t’i shkula

ato katar fjalë,

u t’i vodha…

sa nëng i dija.

Ndë vresht e dhe

të m’lëshë nëng ke,

ëm atë çë m’përket…

ëma atë gluh’ arbëreshe!

Ȅmi ato fjalë, një a një

… si thithurë klumshti

po ëmi arbëreshë,

jo, tjetar mos më jipë!

Mos vëdis!

Adhe ndë t’hret Zoti

… mos vëdis!

Më parë kët më japëshë

atë çë m’përket…

ato katar fjalë arbëreshë!

Të jetë kurr!

T’hret Zoti, dua t’jem atje

Ma një lot e një shërtim

… u bënj vesh!

Dua të t’mar…

a sprasman fjal’ arbëreshe!

La lingua madre

Sono cresciuto, al tuo seno

una goccia di latte

una parola arbëreshe…

e sono fatto uomo.

Non ti sei accorta, oh madre,

ma io te le strappai

quelle quattro parole,

io te le rubai…

perché non le sapevo.

Se vigne e terre

da lasciarmi non hai

dammi quello che mi spetta…

dammi quella lingua arbëreshe!

Dammele quelle parole, una ad una

… come gocce di latte,

ma dammele arbëreshe,

no, altro non darmi!

Non morire!

Anche se ti chiamasse Iddio

… non morire!

Prima devi darmi

Quello che mi spetta…

Quelle quattro parole arbëreshe!

Non sia mai!

Ti chiamasse Iddio, voglio esser lì

tra una lacrima e un sospiro

… io ti ascolterò!

Voglio prenderti…

L’ultima parola arbëreshe!

(da Tommaso Campera, Ze një pastan i re – Nasce una nuova vigna, Bari 2008, p. 60-61)

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