100_4393.jpgIl presupposto dell'apostolato ecumenico è la conoscenza vicen­devole tra le varie comunità cri­stiane.

La Divina Liturgia detta di San Giovanni Crisostomo, insieme a quella attribuita a San Basilio, in uso nella Chiesa Bizantina costi­tuisce non solo un testo di pre­ghiera sacrificale, prezioso per la sua antichità, ma anche un efficace veicolo della conoscenza del­la Ecumene Bizantina di cui ci svela la vita e l'anima.

Il presupposto dell'apostolato ecumenico è la conoscenza vicen­devole tra le varie comunità cri­stiane.

 

La Divina Liturgia detta di San Giovanni Crisostomo, insieme a quella attribuita a San Basilio, in uso nella Chiesa Bizantina costi­tuisce non solo un testo di pre­ghiera sacrificale, prezioso per la sua antichità, ma anche un efficace veicolo della conoscenza del­la Ecumene Bizantina di cui ci svela la vita e l'anima.



Essa, infatti rappresenta e rin­nova la duplice manifestazione di Dio al mondo con la discesa del Verbo sulla terra, prima, per o­perarvi la redenzione e con l'a­scesa al cielo per attuare la Pen­tecoste, preludio e inizio del suo ritorno con gloria, poi, per stabi­lire nello stato glorioso il plero­ma ecclesiale (Cristo e noi).



Per il tramite della Santa Li­turgia, la umanità, per chiamata e per diritto, diventa partecipe della liturgia corale dossologico - ­trinitaria celebrata dalla Chiesa Una, degli angeli e degli uomini, con a capo Cristo-Pontefice.



Da tutto il testo si rileva che una è la chiamata, una la Chiesa, una la liturgia, uno il sacri­ficio, una la dossologia trinitaria che, sebbene
celebrata nella natura sensibile, è essenzialmente quella medesima che già viene ce­lebrata nel secolo futuro cioè nel cielo e che, essendo compiuta nella gloria divina, è sovratempora­le e sovraspaziale e sovrannume­rica cioè sempre in atto e univer­sale.


Gli uomini, pertanto, depo­sta ogni sollecitudine mondana e nel silenzio di ogni carne morta­le e nell'assenza di ogni pensiero terreno, sono, fin dal presente se­colo, concelebranti con le schiere angeliche e con il Cristo-Capo, nel dare gloria e onore e adorazione al Santo che riposa in mezzo ai santi: «Noi misticamente rappre­sentiamo i Cherubini e alla vivi­ficante Trinità cantiamo l'inno tre volte santo » (Liturgia di San Giovanni Crisostomo). «Adesso le stesse potenze celesti insieme con noi adorano» (Liturgia dei Presantificati) poiché «il Re dei re si avanza... preceduto dai cori degli angeli...» (Liturgia del Sa­bato Santo).


Questa liturgia corale umano-angelica del cielo intanto è attua­bile anche sulla terra in quanto lo Spirito Santo estende alla Chie­sa-corpo e le fa rivivere il miste­ro del discese-ascese della Chiesa-­capo, Cristo, cioè l'insieme della economia storico-salvifica divina.


La nostra liturgia celebra perciò con accenti di gioia tutti i fondamentali misteri: trinitario: del Padre il beneplacito, del Figlio la redenzione, dello Spirito Santo la venuta per compiere e distribui­re e partecipare agli uomini quel beneplacito e quella redenzione; cristologico-soteriologico: la dupli­ce venuta del Verbo, nella carne e nella gloria, quale mediatore e esecutore dell'eterno e universale disegno creativo-salvifico di Dio; pneumatologico - pentecostale: la presenza viva dello Spirito San­to la cui missione è di corona­re la prima venuta del Cristo Salvatore e di attuarne, in caparra, la seconda venuta, allo stato glo­rioso; ecclesiale - escatologico: la Chiesa condotta progressivamen­te dallo Spirito Santo alla matu­razione della gloria e alla com­pletezza del pleroma; mariale-tipologico: la Madonna esemplare compiuto della Chiesa quale primizia della finale palingenesi del­la umanità che sarà, a sua volta, restituita alla primitiva incorrut­tibilità e immortalità, a causa della unione del divino e dell'u­mano avvenuta nella Vergine e per mezzo della Vergine-Madre. Questo mistero nascosto ai se­coli (Col. 1, 26) e sconosciuto agli angeli si è, infatti manifesta­to (rivelato e attuato), per mez­zo della Madre di Dio (theotokion tono 4).


L'accentuato timbro mariano della liturgia bizantina non è do­vuto solo alla pietà degli orien­tali, ma è giustificato dal ruolo ontologico di mediatrice che le è riservato nella economia divina e che non è circoscritto solo al va­lore della sua preghiera e dei suoi meriti e della sua santità perso­nale, ma soprattutto al mistero che in lei si attua (l'unione del divino e dell'umano) e che lei rappresenta (l'umanità restituita al­lo stato paradisiaco).


La liturgia bizantina, nella struttura organica dell'insieme e delle singole parti, esprime il drammatico movimento ascensio­nale della Chiesa verso l'epilogo della parusìa, per mezzo del Cri­sto-primizia, fino al punto di avvolgere la comunità dei fedeli con una piena manifestazione e con una totale partecipazione della divinità, nell'atto e nel momento culminante della unione-comu­nione eucaristica (theosis), vero anticipo ai terrestri della luce dell'Ascensione del Signore Risorto:«Gli presteranno culto e vedranno la sua faccia » (Ap. 22, 4).


La comunità cristiana passa, infatti, dallo iniziale stato di pec­cato in cui grida Kirie eleison, al­la fede giustificante, alla offerta del sacrificio, alla grazia, alla vi­sione, alla unione, alla lode di Dio apparso: «Abbiamo visto la lu­ce vera, abbiamo ricevuto lo Spi­rito sopraceleste, abbiamo trova­to la fede vera nell'adorazione della Trinità indivisibile che ci ha salvati » e ci ha posti sul piano della intercomunicazione diretta e totale dei beni celesti: «le co­se sante ai santi ».


La Chiesa per rivivere ed espri­mere tali realtà nascoste ai sen­si, ha istituito la liturgia, facen­do ricorso a forme sensibili il più possibile eloquenti e degne e dando ai paramenti, ai gesti, alle ce­rimonie, alle suppellettili alla distribuzione delle parti: sacerdote-diacono-coro-popolo (richiamo, più che al dramma classico gre­co, ai quattro viventi, ai ventiquattro anziani e alle miriadi di angeli dell'Apocalisse), alle forme architettoniche del tempio e agli elementi iconografico e melodico il preciso carattere funzionale di segni rappresentativi del mistero della Incarnazione e del processo di ritorno dell'uomo allo stato di immagine e di liturgo di Dio.


Il simbolismo dominante in tutta l'azione liturgica bizanti­na potrebbe sembrare frutto del genio fantasioso e fastoso degli orientali o dell'influsso dell'am­biente imperiale o comunque ini­ziativa di singoli teologi o vesco­vi o comunità. Esso è, invece, o­pera della Chiesa ed è di carat­tere normativo perchè risponde al canone di dare espressione alle realtà teologiche della gloria pa­rusiaca e della maestà della litur­gia celeste di cui quella ecclesiale terrestre è immagine e somi­glianza, per reale compartecipa­zione, in virtù della presenza mi­steriale di Cristo: «Signore... guar­da dal tuo santo abitacolo e dal trono di gloria del tuo regno... tu che... sei anche qui con noi invisibilmente...


Lo stesso imperatore Giustinia­no, al dire dello storico Procopio, passava le notti, in compagnia dei più dotti teologi, a scrutare le Scritture i cui sensi vennero tra­sfusi nella santa liturgia e perfino nelle linee del tempio di Santa Sofia che rimane tipico esempla­re di espressione architettonica della teologia liturgica. La liturgia bizantina per il suo denso contenuto dogmatico appa­re quasi tunica tessuta tutta d’un pezzo (Gv. 19, 23) e una epito­me della fede nella Trinità e Unità di Dio, nei misteri della Incarnazione e Redenzione, della Madre di Dio, della Chiesa, del­la Comunione dei Santi, della consumazione parusiaca, della u­nità pleromatica dei viventi, an­geli e uomini, nel Cristo imma­gine del pleroma trinitario.


Un siffatto contenuto dogma­tico espresso, per giunta, nella lingua propria di ciascuna comu­nità nazionale e con la diretta partecipazione del popolo all'azione sacra, ha consentito alla li­turgia di compiere il miracolo sto­rico della salvaguardia della fe­de e della vita ecclesiale della cristianità orientale oppressa, nel corso dei secoli, da popoli e re­gimi non cristiani e insidiata dalle ricorrenti eresie.


A questo proposito, giova notare che una traccia profonda del travaglio dogmatico e storico-so­ciale della cristianità di Oriente è il frequente pensiero della pa­ce comunitaria nella liturgia, fi­no a costituirne uno dei caratteri dominanti. Il termine Pace vi ricorre quasi quaranta volte La liturgia bizantina è testo ca­nonico della lex orandi della Chie­sa universale e perciò è anche do­cumento della unione di fatto della Chiesa orientale e occidentale. È merito della liturgia se questa unione non è venuta mai meno, a malgrado degli elementi stori­ci e giuridici ecc. della millena­ria separazione.


Essa è anche documento au­tentico della lex credendi della Chiesa degli Apostoli, dei Padri e dei Concili e, come tale, postu­la ed è ponte della stessa unio­ne che chiameremo canonica. Per questo motivo la separazione è, oltretutto, antiliturgica e ferisce la santa Tradizione.


La liturgia è, pertanto, il ter­reno d'incontro « tra Giuseppe e i suoi fratelli» (Giovanni XXIII) eredi di una originaria comune ec­clesiologia in cui la parte attiva, nella difesa e nella diffusione del cristianesimo, è comune alla sapienza patristica della cui tradi­zione è portatore l'Oriente e al sigillo del criterio di Pietro. Nella liturgia: sono fuse e compendiate la luce della verità (Oriente) e la norma (canone) della fede (Pietro) poiché essa racchiude tutto l'arco dei mi­steri cristiani dalla esinanizione del Verbo (Kenosi) alla Riconciliazione (Eirene) alla Gloria (Do­xa) cui la Chiesa tutta unita, con una sola bocca e un sol cuore, dà la risposta corale eterna: AMIN.

di Papàs Vincenzo Matrangolo dal sito dell'Eparchia di Lungro
 

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