Domenica 2 aprile u.s. S.Em. Athanasios, Metropolita di Achaia, ha visitato la Chiesa Madre dell’Eparchia di Lungro, la Cattedrale di San Nicola di Mira, accolto nella fraternità dal Vescovo, S.E. Rev.ma Donato Oliverio.
La visita segue il solco della tradizionale vocazione ecumenica della Eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell’Italia continentale che, negli ultimi anni per iniziativa del suo Vescovo, ha ospitato numerosi gerarchi della chiesa ortodossa come, nel 2013, S.Em. Stephanos Charalambides, Metropolita di Tallin e di tutta l’Estonia, e S.Em. Athenagoras Peckstadt, attuale Metropolita del Belgio. Di assoluto rilievo la visita, nel 2015, di S.Em. Elpidophoros Lambriniatis, Metropolita di Bursa, Abate del Monastero Patriarcale e Stavropigiaco “Santa Trinità” di Chalki e persona molto vicina a S.S. il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I.
Questa sequenza di eventi di eccezionale importanza e valore simbolico quest’anno si è arricchita per l'arrivo a Lungro di S.Em. Athanasios, Metropolita di Achaia e primo gerarca della Chiesa Ortodossa Autocefala di Grecia a visitare l’Eparchia arberëshe calabrese.
L’accoglienza al Metropolita ha seguito il protocollo che si è andato consolidando nel corso degli ultimi anni e che prevede, tra l’altro, l’esposizione della bandiera greca e albanese sul balcone della curia vescovile. Giunto nella Cattedrale di San Nicola di Mira, Athanasios ha assistito alla celebrazione della Divina Liturgia. Di grande rilievo il gesto compiuto nel corso della celebrazione dal Metropolita che, dopo il piccolo introito, ha rotto il protocollo seguendo il Vescovo Donato all’interno del Vima: un gesto dall’enorme valore simbolico, la vicinanza fisica cercata per testimoniare quella spirituale.
Di profonda rilevanza anche le parole con cui il Vescovo Donato ha riassunto, nel corso dell’omelia, i tratti fondamentali della storia degli arbëreshë, rimarcando le origini storiche del legame mai interrotto con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con la Chiesa Autocefala Ortodossa di Grecia. È stata ricordata l’importanza del Concilio di Firenze sulla cui base è stato permesso agli avi arberëshë, ortodossi, di essere accolti come fratelli nei territori latini del sud Italia. “La nostra chiesa particolare italo-albanese – ha affermato il Vescovo – si è trovata a convivere con una duplice giurisdizione: quella territoriale di Roma e quella ecclesiastica di Ocrida la quale provvedeva alla necessità pastorali, ordinando i nostri presbiteri. Questa singolare situazione si protrasse ufficialmente fino al 1564 ma, in incognito, si protrasse fino al 1767, anno in cui il Patriarca di Costantinopoli su richiesta del sultano abolì la metropolia di Ocrida. […] Per questo motivo l’arcidiocesi ortodossa di Ocrida viene considerata la chiesa madre di quella italo-albanese. […] Possiamo affermare che la nostra chiesa italo-albanese da oltre 500 anni si mantiene fedele alle proprie tradizioni orientali, al proprio rito bizantino-greco, alla lingua greca, alla lingua albanese, al ricordo di Giorgio Kastriota Skanderbeg e alle tradizioni dei propri antenati. […] Nei sacerdoti e nei nostri fedeli cristiani è evidente la piena coscienza della propria identità etnica, culturale e liturgica che ci caratterizzano dalle popolazioni limitrofe. […] Nella storia dell’Ortodossia la nostra chiesa di Lungro rappresenta davvero un fatto unico in quanto essa è strutturata con un proprio vescovo, clero e culto e lingua liturgica in un territorio di competenza giurisdizionale latina e quindi al di fuori dai territori nazionali stabiliti dai concili ecumenici della chiesa orientale.”
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