ManifestaLa biennale nomade "Manifesta 12", quest'anno ospitata da Palermo, capitale italiana della cultura 2018, ha in programma una serie di manifestazioni legate al mondo arbёresh. Si tratta di manifestazioni che comprendono presentazione di libri, spettacoli teatrali e musicali. 

Un esempio di migrazione vecchio 500 anni. Una testimonianza viva che «l'Italia non è solo un popolo di migranti, ma ha già accolto in passato. E lo ha fatto con un'organizzazione completamente diversa rispetto ad oggi». Questo il punto di partenza di una riflessione più ampia, che affonda le radici nella cultura Arbёreshe restituita dalle parole di Lea Walter del collettivo noMade. Per Copresence, progetto collaterale di Manifesta 12, in occasione della chiusura della biennale, il Tmo -Teatro Mediterraneo Occupato, con la collaborazione della Fondazione Ignazio Buttitta, ospiterà la performance di teatro sensoriale proposta dal collettivo. La Piazza Arberia accoglierà incursioni musicali, poetiche e riflessive durante i tre giorni di performance. Sarà possibile anche vedere il film Radio noMade in Arberia e altri filmati documentari sul tema.

«Abbiamo invitato vari esponenti della cultura arbёreshe di Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela e il gruppo di musica e cultura dell'Università di Palermo - continua Walter- a incontrare il pubblico. L'idea è non solo di parlare della cultura Arbёreshe ma anche capire come si sono integrati, quali erano gli accordi storici e come questo ci può aiutare a vederci più chiaro sul fenomeno della migrazione». Questo esempio è una grandissima risorsa, spiegano dal collettivo. perché ormai la il loro arrivo in Sicilia risale a 500 anni fa. E ciò rende possibile vedere come è evoluta la loro comunità, a livello identitario e sul territorio. Un percorso basato sulla ricerca in merito alla cultura Arbёreshe ma soprattutto sulla memoria e sulla trasmissione culturale.

L'idea di base è la Sheshi, in albanese la piazza, lo spazio pubblico che veniva vissuto in ogni ora del giorno dagli abitanti delle comunità che vi si riunivano per scambiare pratiche, parole, pensieri, note musicali, gioie e dolori. «In gran parte gli Arbёreshe ricordano che sono stati accolti bene in Sicilia, anche se fino a qualche tempo fa pagavano un affitto all'arcivescovato di Monreale per i territori di Santa Cristina Gela e Piana degli Albanesi». Questo compenso che veniva corrisposto, ripercorre ancora Lea Walter, derivava da degli accordi tra gli Stati: quello di origine grazie al tramite di Scanderbeg, il Vaticano e il vescovato di Monreale per la Sicilia. Nel dettaglio prevedeva l'affitto di terre abbandonate, che avevano bisogno di essere coltivate, quindi si basava sui bisogni del territorio. «Si pagavano i dazi ulteriori per occupare queste terre - aggiunge -. Non c'era nemmeno una casa dove ora sorgono quei paesi».

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