A Firmo, un tempo si seguiva molto la Quaresima, ma secondo il rito romano, e il mercoledì delle ceneri si fabbricava una bambola di stracci, di circa 50 centimetri, che veniva vestita con i vestiti giornalieri della donna in lutto, una sottavesta, o «kandush» nera, la «linja» o camicia bianca senza merletto e il giubbetto nero di lana, oppure con la «camicia», una specie di camicetta di colore molto scuro, e il grembiale nero, e un fazzoletto nero in testa. A questo pupazzo si legava una corda di lunghezza variabile, generalmente di un metro, alla cui estremità era fissata una patata su cui si appuntavano 40 penne di gallina, uno per ogni giorno di Quaresima, e si strappava ogni giorno una penna, una specie di calendario quaresimale.
Alla corda venivano appesi i cibi quaresimali strettamente di magro, un filare di peperoni secchi, fagioli e ceci la pignatta, a volte, verdura fresca o essiccata, conserve di pomodoro e verdure ecc.
Tutta questa struttura appendeva alla finestra o accanto alla porta di casa.
La «Kreshmesha» da kreshme, ‘quaresima’, aveva probabilmente scopo educativo e di edificazione, cioè ricordare a tutti che era tempo di penitenza e di digiuno, anche se la dieta quaresimale non doveva essere molto diversa dal mangiare di tutti gli altri giorni dell’anno, 100 anni fa.