Conoscere dove si abita aiuta a
vivere meglio: a comprendere le dinamiche storiche e il significato delle forme
di vita che si acquisiscono inconsapevolmente e che forse trasportano depositi
di esperienze e di culture nascoste.
.
Il Prof. Gaetano Pasarelli, su
incarico dell'amministrazione comunale di S. Basile, comunità italo-albanese
dell'eparchia bizantina di Lungro, ha curato una pubblicazione che per veste
tipografica, per documentazione storica e per ricca illustrazione iconografica
e fotografica di monumenti e di persone offre
una saggio di cultura locale illuminante, inserito nel più largo contesto di
relazioni fra oriente e occidente, fra tradizione bizantina e mondo latino.
Lo studio si concentra sull'aspetto storico-religioso, ma è questo -assieme all'altro della lingua albanese non toccato nella pubblicazione del Passarelli - che dai villaggi circonvicini caratterizza prioritariamente questa comunità arbëreshe di rito greco. Il titolo manifesta l'emozione che vive l'autore di fronte alla rinascita bizantina del patrimonio artistico che tratta (Gaetano Passsarelli, Lo scintillio dell'oro. Tra antico e nuovo, S. Basile 2009). Il contenuto della pubblicazione è articolato in tre capitoli:
La pubblicazione parte con la descrizione del movimento monastico italo-greco dei secoli X-XI (Mercurion, Latinianum) e segnala la presenza in territorio di Castrovillari di un monastero dedicato a S. Basilio Craterete. Viene ricostruita la storia usando gli studi di C. Korolevskij sui basiliani, di Laurent-Guillou sulla visita di Chalkepoulos (1457-1458), di p. F. Russo con il Regesto Vaticano per la Calabria e in particolare quelli di B. Cappelli sul monachesimo basiliano ai confini calabro - lucani. Quando il Chalkeopoulos visitò (6 marzo 1458) il monastero di S. Basilio vi trovò l'abate con tre monaci e un professo dando un giudizio positivo sulla loro qualità monastica. Sopravviveva la tradizione italo-greca che si era trasformata in greco-italiana: Quella visita a 78 monasteri italo-greci in Calabria constatava la ormai mortale decadenza. Tra le cause si indicava l'interrotto contatto vivo con il mondo bizantino e la membership monastica oramai italiana senza una vera conoscenza della lingua greca e della stessa liturgia e tradizione bizantina .
Il Bessarione che aveva organizzato quella visita intendeva dare nuovo vigore al monachesimo che egli chiamava basiliano.
La storia nel suo sviluppo o cambiamento offre sempre nuove manifestazioni. In quel tempo arrivano gli immigrati albanesi che fuggono all'incalzare nei Balcani dell'occupazione ottomana. Anche attorno al Monastero vengono stanziati gruppi di albanesi in diverse ondate tanto da formare un casale. Il Passarelli scrive: "Di fronte al progressivo spopolamento dei casali nel secolo XV il vescovo di Cassano Marino Antonio Tomacelli (1491-1519) aveva ritenuto opportuno favorire l'insediamento di profughi albanesi per il dissodamento e la coltivazione delle terre. E' il caso di Frascineto, Firmo, S. Basile e Lungro. Così nel 1491 il vescovo concesse le Capitolazioni agli albanesi del casale di Frascineto e a quelli di S. Basile nel 1510" (p. 21).
Le Capitolazioni prevedevano anche la costruzione di una chiesa dedicata a S. Giovanni Battista per il nuovo borgo, chiesa ancora funzionante:Essa è stata varie volte ristrutturata, particolarmente nel 1938 da Papàs Giuseppe Schirò e più recentemente dal parroco papàs Basilio Blaiotta. Essa rimane la chiesa parrocchiale, ora in riacquistata forma e decorazione bizantina locale.
La vicenda del monastero italo-greco di S.Basilio e la fondazione di un borgo albanese nei suoi pressi è un documentato esempio di come gli albanesi emigrati in Calabria si siano insediati nei luoghi di antica tradizione bizantina, perpetuandole la sopravvivenza.
Nel secolo XVIII non vi erano più monaci nel monastero di S. Basile e anche lo stabile andava distruggendosi. Rimaneva sempre la chiesetta e l'importante affresco di Maria Madre di Dio, nella forma di Regina incoronata. Andavano perdendosi anche le conoscenze iconografiche, così posteriormente sull'affresco è stata aggiunta la scritta "Odigitria" (in greco), benché quella immagine non abbia la forma dell'Odigitria. Rimane che quell'affresco più volte ritoccato è l'immagine più antica presente nell'eparchia di Lungro costituita 90 anni or sono e che raggruppa i paesi italo-albanesi di rito greco.
La parte più originale della pubblicazione è la descrizione di quanto è avvenuto negli anni 1930 e seguenti quando i resti del monastero e poche proprietà connesse sono stati dati dall'autorità civile e dal vescovo di Lungro ai monaci basiliani di Grottaferrata per organizzarvi un probandato, poi di fatto adibito a Pre-seminario per la preparazione dei candidati all'ingresso al Seminario Pontificio Benedetto XV a Grottaferrata creato per i seminaristi italo-albanesi di Calabria e di Sicilia (1918).
Viene presentata con precisione la ristrutturazione della chiesa, dei locali adiacenti che progressivamente vengono ampliati, anche di recente, fino ad assumere le dimensioni di un complesso funzionale che ora attende un uso per il bene dell'intera eparchia, perché attualmente l'intero complesso è stato restituito alla diocesi. Si tratta di un bene storico e simbolico di particolare importanza.
Questo processo di restauro e di nuove edificazioni è stato ricostruito dal Passarelli sulla base di una ampia documentazione inedita giacente in particolare negli Archivi della Congregazione per le Chiese Orientali in Vaticano e della Badia di Grottaferrata e anche di archivi privati. Le illustrazioni riproducono le varie fasi dei lavori e i personaggi implicati: monaci, architetti, iconografi.
I lavori svolti nelle due chiese - del monastero e del paese- hanno recuperato il volto bizantino con l'apporto di iconografi locali bizantineggianti, di iconografi provetti dell'abbazia di Grottaferrata, di iconografi greci, dell'iconografo albanese Josif Droboniku, e di nuovi iconografi locali come l'arciprete Piero Tamburi e il recentissimo discepolo dello stesso Tamburi e di Stefano Armakolas il giovane Elia Luigi Manes di Lungro. Le icone delle due iconostasi sono recenti: quelle del monastero sono opera di Giuseppe Rondini e di p. Partenio Pawlyk, quelle della chiesa parrocchiale si devono all'iconografo greco Stefano Armakolas.
La pubblicazione del Passarelli ripercorre, con indica il titolo dell'opera, il processo "Tra antico e nuovo" abbagliato dallo "Scintillio dell'oro". Competenza e sentimento conferiscono all'opera la possibilità di una lettura piacevole e utile. La pubblicazione potrebbe essere presa come un modello di ricerche per ricostruire la storia delle Comunità arbëreshe con l'ampio respiro dell'intera tradizione bizantina in Italia
Lo studio si concentra sull'aspetto storico-religioso, ma è questo -assieme all'altro della lingua albanese non toccato nella pubblicazione del Passarelli - che dai villaggi circonvicini caratterizza prioritariamente questa comunità arbëreshe di rito greco. Il titolo manifesta l'emozione che vive l'autore di fronte alla rinascita bizantina del patrimonio artistico che tratta (Gaetano Passsarelli, Lo scintillio dell'oro. Tra antico e nuovo, S. Basile 2009). Il contenuto della pubblicazione è articolato in tre capitoli:
- Dal monastero di S. Basilio al casale di S. Basile;
- La badia:affresco della Theotokos qui detta Odigitria, Madonna della Misericordia, sviluppo architettonico; e decorazione interna,
- La Chiesa parrocchiale: edificio e iconostasi, elenco degli abati e dei parroci.
La pubblicazione parte con la descrizione del movimento monastico italo-greco dei secoli X-XI (Mercurion, Latinianum) e segnala la presenza in territorio di Castrovillari di un monastero dedicato a S. Basilio Craterete. Viene ricostruita la storia usando gli studi di C. Korolevskij sui basiliani, di Laurent-Guillou sulla visita di Chalkepoulos (1457-1458), di p. F. Russo con il Regesto Vaticano per la Calabria e in particolare quelli di B. Cappelli sul monachesimo basiliano ai confini calabro - lucani. Quando il Chalkeopoulos visitò (6 marzo 1458) il monastero di S. Basilio vi trovò l'abate con tre monaci e un professo dando un giudizio positivo sulla loro qualità monastica. Sopravviveva la tradizione italo-greca che si era trasformata in greco-italiana: Quella visita a 78 monasteri italo-greci in Calabria constatava la ormai mortale decadenza. Tra le cause si indicava l'interrotto contatto vivo con il mondo bizantino e la membership monastica oramai italiana senza una vera conoscenza della lingua greca e della stessa liturgia e tradizione bizantina .
Il Bessarione che aveva organizzato quella visita intendeva dare nuovo vigore al monachesimo che egli chiamava basiliano.
La storia nel suo sviluppo o cambiamento offre sempre nuove manifestazioni. In quel tempo arrivano gli immigrati albanesi che fuggono all'incalzare nei Balcani dell'occupazione ottomana. Anche attorno al Monastero vengono stanziati gruppi di albanesi in diverse ondate tanto da formare un casale. Il Passarelli scrive: "Di fronte al progressivo spopolamento dei casali nel secolo XV il vescovo di Cassano Marino Antonio Tomacelli (1491-1519) aveva ritenuto opportuno favorire l'insediamento di profughi albanesi per il dissodamento e la coltivazione delle terre. E' il caso di Frascineto, Firmo, S. Basile e Lungro. Così nel 1491 il vescovo concesse le Capitolazioni agli albanesi del casale di Frascineto e a quelli di S. Basile nel 1510" (p. 21).
Le Capitolazioni prevedevano anche la costruzione di una chiesa dedicata a S. Giovanni Battista per il nuovo borgo, chiesa ancora funzionante:Essa è stata varie volte ristrutturata, particolarmente nel 1938 da Papàs Giuseppe Schirò e più recentemente dal parroco papàs Basilio Blaiotta. Essa rimane la chiesa parrocchiale, ora in riacquistata forma e decorazione bizantina locale.
La vicenda del monastero italo-greco di S.Basilio e la fondazione di un borgo albanese nei suoi pressi è un documentato esempio di come gli albanesi emigrati in Calabria si siano insediati nei luoghi di antica tradizione bizantina, perpetuandole la sopravvivenza.
Nel secolo XVIII non vi erano più monaci nel monastero di S. Basile e anche lo stabile andava distruggendosi. Rimaneva sempre la chiesetta e l'importante affresco di Maria Madre di Dio, nella forma di Regina incoronata. Andavano perdendosi anche le conoscenze iconografiche, così posteriormente sull'affresco è stata aggiunta la scritta "Odigitria" (in greco), benché quella immagine non abbia la forma dell'Odigitria. Rimane che quell'affresco più volte ritoccato è l'immagine più antica presente nell'eparchia di Lungro costituita 90 anni or sono e che raggruppa i paesi italo-albanesi di rito greco.
La parte più originale della pubblicazione è la descrizione di quanto è avvenuto negli anni 1930 e seguenti quando i resti del monastero e poche proprietà connesse sono stati dati dall'autorità civile e dal vescovo di Lungro ai monaci basiliani di Grottaferrata per organizzarvi un probandato, poi di fatto adibito a Pre-seminario per la preparazione dei candidati all'ingresso al Seminario Pontificio Benedetto XV a Grottaferrata creato per i seminaristi italo-albanesi di Calabria e di Sicilia (1918).
Viene presentata con precisione la ristrutturazione della chiesa, dei locali adiacenti che progressivamente vengono ampliati, anche di recente, fino ad assumere le dimensioni di un complesso funzionale che ora attende un uso per il bene dell'intera eparchia, perché attualmente l'intero complesso è stato restituito alla diocesi. Si tratta di un bene storico e simbolico di particolare importanza.
Questo processo di restauro e di nuove edificazioni è stato ricostruito dal Passarelli sulla base di una ampia documentazione inedita giacente in particolare negli Archivi della Congregazione per le Chiese Orientali in Vaticano e della Badia di Grottaferrata e anche di archivi privati. Le illustrazioni riproducono le varie fasi dei lavori e i personaggi implicati: monaci, architetti, iconografi.
I lavori svolti nelle due chiese - del monastero e del paese- hanno recuperato il volto bizantino con l'apporto di iconografi locali bizantineggianti, di iconografi provetti dell'abbazia di Grottaferrata, di iconografi greci, dell'iconografo albanese Josif Droboniku, e di nuovi iconografi locali come l'arciprete Piero Tamburi e il recentissimo discepolo dello stesso Tamburi e di Stefano Armakolas il giovane Elia Luigi Manes di Lungro. Le icone delle due iconostasi sono recenti: quelle del monastero sono opera di Giuseppe Rondini e di p. Partenio Pawlyk, quelle della chiesa parrocchiale si devono all'iconografo greco Stefano Armakolas.
La pubblicazione del Passarelli ripercorre, con indica il titolo dell'opera, il processo "Tra antico e nuovo" abbagliato dallo "Scintillio dell'oro". Competenza e sentimento conferiscono all'opera la possibilità di una lettura piacevole e utile. La pubblicazione potrebbe essere presa come un modello di ricerche per ricostruire la storia delle Comunità arbëreshe con l'ampio respiro dell'intera tradizione bizantina in Italia