Nell'ultimo Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa che si è svolto nei giorni 25 e 26 dicembre, il Patriarcato ha reso noto con la pubblicazione di un documento (anche in lingua inglese) la sua posizione in merito al problema del primato nella Chiesa universale. La posizione è il frutto del lavoro di una Commissione teologica sinodale istituita nel marzo 2007 dal Santo Sinodo con il compito di studiare il problema ed elaborare una posizione ufficiale.
Nel frattempo - si legge oggi nel documento russo - la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico ha lavorato nella sua riunione del 13 ottobre 2007, a Ravenna, in assenza di una delegazione della Chiesa Russa e «senza tenere in considerazione la sua opinione, ha adottato un documento sulla conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa». Si tratta del famoso «documento di Ravenna». Dopo averlo così attentamente studiato, «la Chiesa ortodossa russa ribadisce il suo disaccordo con esso, nella parte relativa alla sinodalità e al primato nella Chiesa universale».
Dal momento poi che il documento di Ravenna fa una distinzione tra i tre livelli di amministrazione della Chiesa, vale a dire locale, regionale e universale, la presa di posizione del Patriarcato di Mosca sul problema del primato riguarda proprio questi tre livelli. Riguardo invece al primato del Papa nella Chiesa cattolica, il Patriarcato scrive: «La Chiesa ortodossa ha respinto la dottrina della Chiesa romana relativa al primato papale e all'origine divina del potere del primo vescovo della Chiesa universale. Teologi ortodossi hanno sempre insistito sul fatto che la Chiesa di Roma è una delle Chiese autocefale locali e pertanto non ha diritto di estendere la sua giurisdizione sul territorio di altre Chiese locali. Ritengono anche che il primato in onore concesso ai vescovi di Roma non è istituito da Dio, ma dagli uomini». Il Patriarcato di Mosca ribadisce che per tutto il secondo millennio fino ad oggi, la Chiesa ortodossa ha conservato la caratteristica struttura amministrativa della Chiesa orientale del primo millennio. Ciò non è avvenuto in Occidente dove lo sviluppo sul ruolo del vescovo di Roma come «successore di san Pietro e vicario di Cristo sulla terra, ha portato alla formazione di un modello amministrativo completamente diverso dell'ordine della Chiesa con un unico centro universale a Roma».
La risposta di S.S. Bartolomeo
«Il primato dell’arcivescovo di Costantinopoli non ha nulla a che fare con i dittici, i quali semplicemente esprimono una classifica gerarchica, che in termini contraddittori il testo del patriarcato di Mosca ammette implicitamente ma nega esplicitamente. Se parliamo della fonte di un primato, allora la fonte del primato è la persona stessa dell’arcivescovo di Costantinopoli, che come vescovo è uno “tra pari” ma come arcivescovo di Costantinopoli è primo-gerarca senza pari, primus sine paribus»: si conclude così il documento intitolato appunto Primus sine paribus, scritto dal metropolita di Bursa, Elpidophoros Lambriniadis, esplicita risposta del patriarcato ecumenico di Costantinopoli al testo — adottato dalla sessione del sinodo della Chiesa ortodossa russa svoltosi il 25 e 26 dicembre 2013 — riguardante la posizione del patriarcato di Mosca sul primato nella Chiesa universale.
Lambriniadis, docente di teologia all’università di Salonicco, critica l’«isolamento» scelto da Mosca nell’ambito del dialogo teologico sia con la Chiesa cattolica sia con le altre Chiese ortodosse, oltre alla mancata accettazione del cosiddetto Documento di Ravenna, firmato il 13 ottobre 2007 dalla Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa e intitolato «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità». Documento mai sottoscritto dal patriarcato di Mosca (la sua delegazione era assente) nella parte concernente la conciliarità e il primato a livello di Chiesa universale. Il metropolita contesta poi due distinzioni, legate al concetto di primato, operate dal sinodo ortodosso russo. La prima è la separazione fra primato ecclesiologico e primato teologico: «La separazione dell’ecclesiologia dalla teologia, o cristologia, avrebbe conseguenze distruttive per entrambe. Se la Chiesa è di fatto il Corpo di Cristo e la rivelazione della vita trinitaria — scrive il metropolita di Bursa — allora non possiamo parlare di differenze e distinzioni artificiali che frantumano l’unità del mistero della Chiesa, che ingloba allo stesso tempo formulazioni teologiche e cristologiche. Se così non fosse, da un lato la vita ecclesiale sarebbe separata dalla teologia e si ridurrebbe a un’arida istituzione amministrativa e dall’altro una teologia senza ripercussioni sulla vita e sulla struttura della Chiesa diventerebbe una sterile preoccupazione accademica».
Il patriarcato ecumenico è in disaccordo anche sulla parte nella quale Mosca parla dei differenti livelli ecclesiologici, ovvero quello diocesano (primato del vescovo locale), quello regionale (primato del capo di una Chiesa autocefala) e quello universale. Questi tre ambiti e corrispondenti primati, per il sinodo ortodosso russo, non possono essere messi a confronto tra loro né confondersi né tantomeno essere trasferiti. Inoltre, «le differenti forme di primato nella Chiesa sono secondarie rispetto al primato eterno di Cristo come capo della Chiesa». Di conseguenza il patriarcato di Mosca contesta «le alterazioni canoniche che attribuiscono a un gerarca preminente a livello universale funzioni amministrative appartenenti a primati che esercitano il loro ministero ad altri livelli dell’organizzazione ecclesiale». L’intenzione, secondo Lambriniadis, è di «rendere il primato come qualcosa di esterno e quindi estraneo alla persona del primo-gerarca. Questa è per noi la ragione per cui la posizione del patriarcato di Mosca insiste così tanto sulla determinazione delle fonti del primato, che differiscono sempre dalla persona del primo-gerarca, in modo tale che il primo-gerarca sia il destinatario piuttosto che la fonte del suo primato. Forse questa dipendenza comporta anche l’indipendenza per il primato? Per la Chiesa, un’istituzione è sempre ipostatizzata in una persona. Non potremmo incontrare mai un’istituzione impersonale come il primato non potrebbe essere compreso senza un primo-gerarca. Occorre chiarire qui — aggiunge — che il primato del primo-gerarca è anche ipostatizzato dal luogo specifico, la Chiesa locale, la regione geografica da lui presieduta come primo-gerarca». La Chiesa «ha sempre e sistematicamente inteso la persona del Padre come Prima nella comunione delle persone della Santa Trinità. Se seguissimo la logica del testo del sinodo russo, dovremmo anche affermare che Dio Padre non è lui stesso la causa senza principio della divinità e della paternità ma diventa un destinatario del suo proprio “primato”».
Nella lunga storia della Chiesa — conclude il rappresentante del patriarcato ecumenico — «il primo-gerarca fu il vescovo di Roma. Dopo la rottura della comunione eucaristica con Roma, canonicamente il primo-gerarca della Chiesa ortodossa è l’arcivescovo di Costantinopoli». In lui «osserviamo la coincidenza di tutte e tre i livelli di primato, vale a dire il locale, come arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma, il regionale, come patriarca, e l’universale o mondiale, come patriarca ecumenico. Questo triplice primato si traduce in privilegi specifici, come il diritto di ricorso e il diritto di concedere o togliere l’autocefalia, privilegio che il patriarca ecumenico ha esercitato anche per decisioni non ratificate dai concili ecumenici».
Da L'Osservatore Romano