L'aver riscoperto Francesco D'Agostino è un magnifico dono per noi civitesi; è un privilegio avere qualcuno che ha calcato la tua stessa terra, ha respirato la tua stessa aria ha ascoltato le tue stesse voci, è cresciuto all'ombra delle stesse terribili rocce e svela quel che ha vissuto in splendidi dipinti. Certo, anche prima della conferenza del 16 Ottobre scorso tantissimi concittadini conoscevano e stimavano Francesco D'Agostino, ma adesso ben più chiaro è lo spessore di tale esponente della cultura italiana contemporanea.
.La conferenza si è svolta nella sala centrale della "Rocca di Kruja" a Civita, la curatrice dell'evento Ivana D'Agostino, docente di Arte Contemp. all' Accademia delle Belle Arti di Venezia, ha dato forma ad una attenta ricostruzione della vita e attività artistica del Pittore Civitese insieme a Vittorio Cappelli, Docente di Storia contemporanea del'Università della Calabria e a Tonino Sicoli, Direttore del Museo dell’Ottocento e Novecento di Rende - Cosenza. Coordinava gli interventi, il sindaco di Civita ing. Vittorio Blois.
La conferenza è stata avvincente anche per l'apporto visivo reso dalla proiezione di numerosissimi documenti fotografici e dipinti che hanno ripercorso tutte le tappe significative della vita di Francesco D'Agostino. Immagini in bianco e nero ritraevano il pittore con la divisa indossata ai tempi del Ginnasio a Grottaferrata, con la famiglia (soggetto ricorrente nei suoi studi e dipinti), nei vari spostamenti attraverso l'Italia. Significative le fotografie che ritraggono D'Agostino con Andrea Alfano, Giuseppe Selvaggi, Mario Cappelli a Castrovillari; con gli amici intellettuali e artisti di Roma e Parma, Giuseppe Benassi, Federico Belicchi, Luigi Tessoni, Arnaldo Spagnoli, Giacomo Mossini; gli scatti che lo catturano all'opera all'aria aperta, (D'Agostino amava dipingere i paesaggi dal vivo); la foto giovanile (periodo universitario) mentre nel suo studio nella casa paterna posa davanti a un cavalletto, ricreando l'atmosfera di un atelier di primo novecento; la foto dell'imponente impalcatura dalla quale cadde mentre era intento a restaurare un affresco in una chiesa della zona, procurandosi un fastidioso persistente dolore alla spalla destra. La dot.ssa D'Agostino rievoca con rigore l'evoluzione di un artista eclettico ma in quanto figlia riesce a descriverne anche tutta l'umanità attraverso eloquenti aneddoti.
Francesco D'Agostino nasce a Civita nel 1913 da una delle più antiche e illustri famiglie del paese; è infatti uno degli 11 figli del farmacista Camillo d'Agostino e di Maria Castellano. Già al ginnasio dimostra un talento naturale per il disegno, il suo primo maestro è Gregorio Starri, direttore della Scuola di Pittura e Paleografia di Grottaferrata. Proseguendo gli studi al Liceo Telesio di Cosenza è allievo di Enrico Salfi, tra le figure più importanti per la sua formazione di pittore. Dopo il liceo studia farmacia e chimica all'Università di Napoli e Parma, il desiderio della famiglia che lo vorrebbe farmacista è disatteso per la vocazione del D'Agostino all'Arte. Nel corso della sua esistenza esercita la professione di dentista, di restauratore, grafico pubblicitario, vive tra Bari, Parma e Roma (dove muore nel 1990) senza mai mettere in secondo piano l'attività di pittore. Negli anni civitesi ricopre la carica di assessore, è tra i fondatori della rivista Pensiero ed Arte, riceve la medaglia d’argento per la causa di liberazione della Venezia Giulia. Nelle Città dove ha vissuto è entra in contatto con intellettuali e artisti; importante per la sua produzione è anche l'amicizia con il burattinaio Giordano Ferrari. Di formazione classica, il D'Agostino ha sempre mantenuto un profondo legame con la cultura Arbëreshe, interessandosi alla lingua albanese parlata correntemente a Civita.
La carriera artistica di Francesco D'Agostino si presta alla suddivisione in tre periodi: opere giovanili, caratterizzate dall'influenza del maestro Enrico Salfi; opere di transizione, a questo periodo la dot.ssa D'Agostino ascrive molti dei paesaggi e scorci di Civita proiettati in sala; opere della maturità, a partire dalla fine degli anni '50 quando il pittore vive già a Parma. Lo stile ha un carattere fortemente personale, che accompagna tutte le opere; D'Agostino poco si lascia influenzare dalle avanguardie che egli pur frequenta nei suoi spostamenti in Italia. E' possibile in alcune tele individuare una vicinanza ad Alfano, si può citare l'autoritratto scelto per la locandina della conferenza, dipinto nel periodo definito "di transizione". Le opere degli anni quaranta e cinquanta denotano richiami espressionisti, sono le pennellate veementi che mettono in risalto la natura selvaggia della Calabria immortalata nei paesaggi dipinti all'aperto negli scorci dell'abitato civitese. Molto suggestivo a tal proposito è un "Ponte del Diavolo" dipinto intorno al 1948, le costruzioni umane (il complesso Mulino-Filanda-Ponte,) emergono nella natura con grazia attraverso colori tenui e proporzioni maggiorate che hanno un che di rassicurante in un contesto terribilmente aspro quale è la Pietra del Demonio e Le Gole del Raganello. Il D'Agostino non abbandonerà mai il tema paesaggistico; oltre la campagna parmense, numerose sono le vedute liguri, veneziane e della bassa padana realizzate negli anni sessanta e settanta. Le opere più originali della maturità artistica sono forse una serie di dipinti il cui tema è il teatro di figura, realizzati a Parma nel periodo in cui D'Agostino frequenta il burattinaio Giordano Ferrari. Quel che di originale accompagna tutte le opere di Francesco D'Agostino è lo stile personalissimo e ammirevole, è la sua capacità misurarsi con le tecniche espressive più disparate. L'eclettismo è infatti un elemento dominante; tra i documenti proiettati, una istantanea del 1980 mostra uno studio pieno di libri e di oggetti tra i più disparati: nessuno tra il pubblico si è stupito della presenza di una maschera teatrale degli anni venti esposta tra i libri. Attraverso la creatività del pittore una costellazione di oggetti, qualsiasi tipo di oggetti assume una sorta di armonia, anche un oggetto svilito e reso dozzinale dal consumismo. Le nature morte di bottiglie e di oggetti vari che D'Agostino componeva nei suoi quadri negli anni cinquanta, sono anche una testimonianza della vita dell'epoca. Anche per quanto riguarda Civita, le opere di D'Agostino sono una testimonianza storica assai notevole. In quale altro modo avremmo potuto vedere i colori blu e porpora delle Vetrate della Chiesa di Santa Maria Assnta degli anni quaranta, o chi delle nuove generazioni poteva immaginare che a Civita era abitudine dipingere le cornici delle finestre di azzurro invece che di bianco come succede ora? Il nostro artista ritrovato, oltre a dar lustro ed essere motivo di orgoglio per i concittadini ci aiuta a riscoprire la nostra identità, ad apprezzare le nostre origini; prima di noi c'è già stato qualcuno che ha vissuto i nostri luoghi, la nostra realtà storicamente periferica: la sua storia dimostra che provenire dalla provincia e soprattutto da una cultura sui generis quale la nostra l'Arbëreshe non rappresenta un ostacolo per la propria affermazione può anzi rivelarsi una forza.
francesco bruno